C’è un dato che incontrovertibile emerge dalle polemiche di questi giorni: dal caso Ferragni all’affaire Lucarelli, dall’improvvida iniziativa di Fedez al commissariamento delle attività di Alviero Martini.
Il dato incontrovertibile è che le bestemmie funzionano, e non vi è persona, impresa o entità che possa dirsi immune.
Impermeabile a ogni alchimia moderna, la bestemmia ha conservato nel tempo immutate proprietà redistributive e riparatorie. Riparatorie non solo delle ingiustizie di una struttura sociale poco meritocratica, ma anche di debolezze talora sofferte per inclemenza della natura o per scarso impegno individuale.
Un intimo revanscismo corrode allora l’individuo, lo consuma, benché – nel desiderio di colmare queste lacune – abbia lui medesimo alimentato i messaggi e le economie dei nuovi idoli.
Non è infatti trascurabile che a celebrare il decaduto prestigio di costoro siano gli stessi che, per adesione fideistica, acquistavano acque e pandori griffati Chiara Ferragni; che esaltavano le abililtà di Fedez; che suffragavano il giustizialismo digitale di Selvaggia Lucarelli, seducente educatrice del malcostume nostrano.
Non ultimo il caso della ristoratrice trovata morta nel Lambro dopo la denuncia di un presunto episodio di omofobia. Episodio la cui veridicità era stata messa in dubbio dalla stessa Lucarelli.
Storie diverse ma tra esse collegate da un rapporto osmotico in cui vittime e carnefici si intercambiano, confondendosi nelle brume del paradosso.
In un tempo in cui tutto brucia e repentino si consuma, in cui già abortiti prosperano i sogni, è allora che le bestemmie placide attendono nuove invocazioni.
Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.
Scivolata sui gradini di BRISTOL.
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