OnlyGuns

OnlyGuns è la nuova piattaforma social ideata dopo la cattura di Matteo Messina Denaro.

Un servizio pensato per creatori di contenuti dalla dubbia moralità che pubblicando materiale online possono guadagnare denaro dagli utenti – chiamati in gergo affiliati – che si iscrivono al canale. L’eccessivo ardore, rispetto alla più popolare OnlyFans, può tuttavia rivelarsi deleterio non solo per le diottrie.

Perché se è ‘vero che la mafia uccide, anche le seghe non scherzano.

Gli iscritti possono caricare foto, video e trasmettere dirette in streaming comodamente da casa. Perché l’iscrizione sia validata, l’abitazione deve trovarsi in prossimità di una stazione di Polizia e dev’essere nota a tutta la popolazione locale.

A differenza di altre piattaforme, OnlyGuns ha regole meno restrittive: condizione minima per la registrazione è la maggiore età. La procedura di identificazione è articolata e rigorosa; l’autenticità del profilo è accertata attraverso il sofisticato algoritmo Bonafede.

Per fruire del materiale caricato all’interno di un profilo OnlyGuns, l’utente deve affiliarsi sottoscrivendo un abbonamento che può essere accettato in formula mensile o annuale. In caso di smodata esposizione e loquacità, gli amministratori propongono all’iscritto la più conveniente formula eterna.

Dopo aver confermato di avere più di diciotto anni, se si vuole guadagnare con la piattaforma, dev’essere selezionato un metodo di pagamento valido: carta di credito, bonifico, vita. 

Il sito offre un vero e proprio decalogo per il perfetto iscritto su OnlyGuns con proposte e suggerimenti funzionali al guadagno. Il marketplace propone una variegata selezione di capi a tema OnlyGuns, frutto della creazione di designer di grido. Non di rado il grido è l’ultimo.

Il capo dei capi, attualmente in voga nelle dirette streaming, è un particolare montone: un giaccone di colore marrone tipico degli anni Settanta e Ottanta, abbinato a occhiali scuri e berretto di lana. Pur non essendo mai stato associato all’iconografia mafiosa, l’indumento da qualche settimana domina le fantasie erotiche ed eretiche degli italiani.

Per gli iscritti alle prime armi è consigliato un budget di abbonamento mensile tra i 9,99 e 15,99 dollari, in modo da stimolare l’adesione dei fans, coniugandola alle ragionevoli prospettive di guadagno di chi offre il servizio.

Promuovi il tuo link OnlyGuns. Non te ne pentirai.


  1. Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?

  2. Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.

  3. Un partigiano come Presidente, forse il popolo non se l’è meritato…ma nemmeno Toto Cuttugno.

La Putin Doll

La Putin Doll è una linea di bambole tutte simili, interscambiabili negli abiti e nei ruoli, commercializzata da Mattel Corporation  e ideata sul modello di una partigiana filorussa. Con accessori vendibili separatamente, è – secondo le contingenze – interscambiale con tratti identitari della politica filopalestinese, filoiraniana, filosiriana. Per venire incontro alla clientela più esigente, non ha…

Rutti

Abituati come siamo a esaltare l’autoreferenza di frettolosi interpreti digitali, abbiamo a tal punto smarrito la misura dell’arte da licenziare come stolto egocentrico uno dei più abili e corrosivi autori presenti sulla scena italiana. Autore di composizioni sopraffine e di scazzi memorabili, ha da solo nobilitato l’ultimo concerto del Primo maggio lanciando strali contro la…

Sabato antifascista

All’apparenza sembrava un sabato qualunque, di quelli che già profumano di domenica, di sveglie ritardate, di pigrizia pomeridiana. Ma non per tutti. Per Benito era il primo sabato antifascista. Così, dopo essersi lui medesimo dichiarato antifascista, Benito, alleggerito dalle funzioni corporali, si recò in cucina, accese i fornelli e avviò la preparazione del caffè dosato…

Se è porno, tolgo

E niente! Faceva già ridere così. Fu l’ennesima estenuante richiesta per un amico a tradirlo. A rendere ancor più breve una storia già breve e triste. Un solo anno. Un anno di loro, semplicemente loro, che documentavano tra ricorrenze patinate, apericena e il compiacente mutismo di Romeo e Giulietta. Un anno di loro, ma anche di noi che li abbiamo sopportati. Dal buongiornissimo del mattino, quando lei gli serviva il caffè a letto, alle braccia di Morfeo, alle quali lui la affidava allo scoccare della mezzanotte.

Ma non tutte le notti sono uguali. E neanche i Morfeo. Quella notte, mentre lui era fuori per lavoro, Morfeo, che nella vita reale faceva il commesso e si chiamava Paolo, raggiunse casa sua, a mezzanotte.

Immaginate, poche ore più tardi, lo stupore del marito, rientrato in anticipo dalla riunione. Trovò la porta aperta. Evidentemente la moglie aveva dimenticato di chiuderla. Trovò gli indumenti intimi sparsi tra il divano e la scala. Evidentemente le erano scivolati. Un equivoco ansimare proveniva dalla camera da letto. Per interpretare la scena, e le simmetrie, dovette inclinare la testa e capire dove iniziasse il corpo dell’una e finisse quello dell’altro. Fu così che risalendo il corpo maschile, prima le gambe, poi la pancia, poi il viso, riconobbe Paolo. Il suo amico d’infanzia. Il suo compagno di banco. Il suo testimone di nozze. Un ragazzo umile, rimasto tale anche in quella circostanza, mentre Monica – questo il suo nome – bramosa di sperimentare nuovi piaceri, urlava: «Adoro! Sì, Paolo, sì! Muoro!

Le sorprese, quelle belle.

Come asfalto, gli eventi si stesero sulla sua esistenza, compressi dall’infinità del cazzo che a Paolo fregava dei suoi turbamenti, della sua fedeltà, della sua delusione.

Vita mia! Come hai potuto farlo? Io… Veramente… io, boh!
Amore, non è come credi, replicò lei. Lo sai che ti lovvo! Posso spiegarti tutto!
Grazie cara, anche no!

Con furia leonina, brandì il primo oggetto che gli capitò sottomano, la tastiera del computer, e si avventò senza tregua sui due amanti. Sull’uomo in particolare – della serie, Taffo spostati – non furono lievi né i colpi né la terra sotto la quale fu sepolto.

Risuonò profetico un pensiero di Paolo, secondo il quale l’umanità meritava l’estinzione. Una ricetta definitiva. Una delle tante per le quali chiedeva di essere seguito. E cosa fai, te ne privi?  ripeteva.

Niente affatto resiliente, non ancora abbandonata l’immagine dell’amico che si dimenava sul corpo della moglie, maturò la sua vendetta. Deponendo la corona, con una narrazione sconcia e dettagliata, rese edotto il quartiere dell’oltraggio subito; la dicitura post muto scorreva idealmente sulle prove del tradimento. Game set match, tutto in una notte.

Severo ma giusto, sussurrò un impiegato a cui non era mai toccata una gioia e che aveva subito un’analoga sorte. Un ciaone da manuale. Una vera inculata.

Se è porno, tolgo.

 

P.s. non è Lercio

 

Padre Bio

Il moto d’inquietudine sui sacchetti biodegradabili, germinato nell’ intelletto di chi, per eludere il pagamento di due miserrimi centesimi, vorrebbe promuovere un’azione collettiva a tutela del consumatore, mi ha ricordato l’inutile battaglia di un collega economo che per sollecitare al panettiere un rimborso di settanta centesimi spese tre euro di telefonata.

I sacchetti. Quelli da due centesimi. Quelli probabilmente meno tossici della frutta che contengono. Quelli di una nuova sensibilizzazione ambientale. Quelli previsti da una direttiva comunitaria. Quelli per i quali l’Italia evita la procedura d’infrazione. Quelli inclusi nella tara. Quelli inclusi da sempre nella tara. Quelli che ridurranno il volume dei rifiuti da smaltire, permettendoci di risparmiare. Quelli riutilizzabili per la raccolta dell’umido. Quelli prodotti anche dall’amica di Renzi. Quelli della Novamont che ha riconvertito la chimica in Sardegna. Quelli che Efisio non li fa pagare.

Quelli che l’orologio batte le undici, ed è solo 4 gennaio.

 

Quando c’era lui, Luigi

Neanche il tempo di designarlo e già abbiamo nostalgia di lui, Luigi. Con quell’espressione da Mercoledì della famiglia Addams, ma con meno capelli, lui, Luigi, venuto al mondo nella Stalingrado del sud, è pronto a governare, a restituire alla repubblica la dignità usurpata da un parlamento che giurava di aprire come una scatoletta di tonno.

Proprio Lui, Luigi, un italiano qualunque. Senza esperienze lavorative, senza competenze, senza titoli, senza inglese, senza padroni. Sì, senza padroni, al plurale, perché padrone ne basta uno: Giuseppe Grillo, quello del  Five Club. Prima regola del Five Club: non si parla dell’amministrazione Five Club. Seconda regola del Five Club: non dovete parlare mai dell’amministrazione Five Club. Mai.

Lui, Luigi, l’essenza dell’assenza. Non si capisce se sia un predestinato, un miracolato da San Gennaro o  semplicemente un culone. Entrato alla camera – della quale è il vicepresidente –  con la miseria di 189 preferenze raccolte in un sondaggio in rete; oggi, legittimato dal 22% degli iscritti, si scopre a capo di un movimento più intestinale che di governo. Pochi i consensi reali, pochissimi, per ambizioni non incoraggiate da talenti specifici;  ma Luigi con le percentuali è Clemente;  nella sua terra  c’è gente che con gli zero virgola ha condizionato la politica italiana per anni.

Luigi, l’unto dal congiuntivo,  è un giovane  entusiasta, rassicurante, garbato; ma dietro quel sorriso da testimonial del cioccolato Kinder si nasconde un predatore del consenso. E’ venuto dal basso, dicono gli alleati. Troppo  in basso, rispondono i detrattori. Ma voi ve lo immaginate Di Maio che va a colloquio dalla Merkel? O la senatrice Lezzi che al consiglio di economia e finanza illustra come il caldo e la vendita dei climatizzatori  abbiano giustificato la crescita del PIL?

La giovane età in politica non è una qualità, è un dato statistico. La politica presuppone studio, formazione, competenze che l’individuo mette a disposizione della collettività. La politica non è una palestra; in politica devi arrivare già allenato.  Come può il ragazzino Di Maio – uno che non riesce a laurearsi in giurisprudenza – confrontarsi con un giurista, magari autore del manuale di un esame che non riesce a superare? Prendiamo un caso pratico: dovendovi sottoporre a un intervento chirurgico, affidereste la vostra sorte a un medico inesperto, preferendolo per il solo fatto di essere giovane?

Sembra profilarsi una nuova, ennesima, scappatella italiana nelle lande dell’illusione e dell’irresolutezza, quelle in cui sopravviveranno  l’imprenditoria della paura e la dinastia  del web, il non luogo fattosi rogo.

Luigi. Neanche il tempo di designarlo e già abbiamo nostalgia di lui; di quel tempo felice in cui  il  Venezuela era in Cile e i congiuntivi partivano in orario. Binario 5.

 

Dotti, medici e insipienti

Ora che anche la famiglia si è rassegnata, della triste storia di Charlie Garde  resteranno solo il dolore, la caparbietà dei genitori e l’ipocrisia di chi  affoga il pianto nel primo aperitivo. Perché, sia chiaro, al vostro senso di afflizione, in tutta onestà, io non ci credo.

Il neurologo della Columbia University, le cui parole a differenza delle nostre non vagano come l’ultimo fiato uscito dal collo del decollato, confermando la diagnosi dei colleghi britannici,  ha posto la parola fine sul caso dichiarando l’irreversibilità della sindrome degenerativa che ha colpito il bambino.

Insomma, dopo l’ultima risonanza magnetica al cervello, il luminare statunitense ha escluso il recupero delle cellule cerebrali distrutte dal processo patologico, la cui gravità vanifica  qualsivoglia esperimento terapeutico.

Il bambino è già morto, a tenerlo in vita sono le macchine, e nessuno, data l’univocità delle perizie, è in condizione di dire se, quanto e da quando stia soffrendo. Nessuno, eccetto i luminari della Internet University, che prescrivono un decotto a base di calendula, idrato di somadril e tanto riposo.

Atteggiamento che vagamente ricorda i catechismi degli antivaccinisti, che nella presunzione di essere al di sopra della medicina e del diritto, già accusano la giustizia britannica di aver sospeso la potestà familiare dei Garde, inaugurando il circo mediatico cattolico, americano,  politico in generale, che speculerà (o perculerà) sulla commozione generale.

Ma se alla chiesa va riconosciuta una coerenza etica sulle tematiche della vita (preferibilmente dalla vita in giù), per gli altri potrebbe essere giunto il tempo di un romantico silenzio; compreso l’ospedale Bambin Gesù, che dichiarandosi disponibile ad accogliere Charlie per garantirgli accoglienza e amore, ha lasciato intendere che l’università  inglese – rivelatasi invece più empatica dei suoi detrattori – con la capacità medica  avesse smarrito la pietà.

Intanto, si parla di storia che ha commosso il mondo.

Quando sento parlare di storia che ha commosso il mondo, giuro perdo la ragione. Sono poche parole, apparentemente inoffensive, preludio di dibattiti dozzinali, propaganda insulsa, annunci di fondazioni dedicate al defunto, comparse televisive, interviste, film. Attenzioni che con precisione matematica neghiamo ai bambini (salvabili) che ogni tre secondi muoiono nel terzo mondo  e dei quali ci ricordiamo solo per colpevolizzare l’inappetenza di un figlio viziato.

Quel bambino, Charlie,  non compirà un anno. E’ crudele dirlo, ma è la sua unica fortuna.

 

L’imbecillità di gregge

Fremono all’ombra di titoli strillati, eccitati dalla brama di rivelare fatti sensazionali. Si cibano di complotti internazionali, trame oscure, censure sulla pericolosità dei vaccini, microchip sottocutanei. Quello che gli altri non dicono, ve lo dicono loro.

Con l’aria dotta di chi ha raccolto la dottrina scientifica pestando una merda, in un ibrido tra Matrix e scemo è più scemo, sono tra noi, anche se in certi casi siamo noi, direbbe il rapper Frankie. Li vedi ovunque. Quando chiedi un informazione, quando accendi il televisore, quando compri il giornale.

Popolano un mondo di superficie, nelle cui viscere pulsano le braci di una verità morente. Ci hanno fatto credere di tutto. Hanno finanche negato di sapere come fa il coccodrillo. Segmento del piano Zurlì, ordito dall’accolita che nello stesso cartello riunisce il cane, il gatto, l’asinello,  la  mucca, la rana e, non ultima per affiliazione,  la pecora. Gli stessi che da tempo accusavano il coccodrillo di mangiare troppo, di non mettere mai il cappotto, di piangere, di sorseggiare camomilla e mezzo addormentato di allontanarsi.

Notizie delle quali nessuno avrebbe avuto conoscenza se la legione onanista di Morpheus, scalando i clivi della verità ufficiale, non avesse decriptato i codici elaborati dalle agenzie internazionali per blandire una rivolta in perenne gestazione.

Ma qualcosa è andato storto.

Sta conquistando terreno una legione di mestruati cerebrali che, paventando l’abbattimento dei teoremi sui quali avevano edificato la propria credibilità, veste di nobiltà le notizie senza prima riscontrarne l’autenticità.

Un esercito di subumani incapaci di arguire l’ambiguità di chi sulla credulità popolare sta edificando un impero faraonico. Debolezza accresciuta dalla violenza con la quale  le ragioni dell’ apritegliocchismo vengono perorate.

Nessun filtro. Tutte le fonti sono autorevoli, l’immagine è verità: immigrati che urinano negli autobus, audaci fornicazioni in pubblico, abluzioni intime nelle fontane monumentali, donne incinte che defecano per strada, piani di deportazione per la sostituzione della razza, elucubrazioni sgomentanti di matrice antivaccinista, scie chimiche, fantasiose recensioni balneari. La notizia è sovente persusiva, ha titoli accattivanti, e agisce sugli istinti più bassi.

Credere, obbedire, condividere, come non ci fosse un antani. Anche quando Il perculum è palese.

Il profilo più inquietante è quello dei vaccini.  La chiamano libertà di scelta, ma è incoscienza. L’incoscienza di chi con l’abbassamento dell’immunità di gregge sta oscurando anni di progresso scientifico, diffondendo nuovi focolai di morbillo, casi di  tetano e un disordine neurologico che la sola profilassi abbinata all’ironia può debellare. Così, se il vostro falegname, con piglio da accademico, affermerà che la somministrazione farmaceutica sia funzionale alle sole speculazioni delle multinazionali, rammentategli che ha preservato l’arte per realizzare armadi e comodini.

A voi la scelta: pillola rossa o pillola blu? Ammesso che non ci stiano nascondendo la pillola verde.

 

 

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Occidentaxi Karma

Si scorgono tracce di Walter Benjamin che interpreta l’Angelus Novus di Paul Klee nel paradigmatico  sciopero che sta  paralizzando la capitale d’Italia. L’idea dell’uomo che viene trascinato via suo malgrado dal tempo e dal progresso.

Nella geremiade dei tassisti, nel fenomeno Uber, c’è il rifiuto speculare della transizione digitale. Come due secoli fa con il telaio, nobile precursore della trasformazione del lavoro, c’è il progresso, l’idea di un fenomeno schizofrenico che ci ha travolti ancor prima averlo capito e che – vuoi per la velocità con cui si è imposto, vuoi per difetto di competenze – non sembriamo in grado di gestire.

I numeri sono implacabili: il 70 per cento dei posti persi per l’innovazione non è stato recuperato. Istantanea di processo violento, cinico, che non rigenera ciò che distrugge. Un dramma per un paese, l’Italia,  ancora troppo analogico. Poca scuola, poca formazione, poca propensione all’incontro fra il vecchio e il nuovo.

In un passaggio così drammatico, in cui la tecnologia brucia con la stessa velocità con la quale crea, è  normale che il vecchio sia più rassicurante.

Una carica drammatica che si esalta quanto l’interesse minacciato è il nostro. Oggi i tassisti, domani un’altra categoria. Anche il tassista – suppongo – avrà volato con RyanAir, avrà prenotato su Booking, avrà acquistato su Amazon, avrà fatto un bonifico online, eludendo la mediazione d’agenzia o altri passaggi che nella vita reale sono posti di lavoro.

E’ vero che le nuove tecnologie ne creano altri, ma in misura inferiore a quelli che distruggono. Il progresso un tempo portava altrove, disegnava una prospettiva, oggi ti lascia a casa. Dietro la speranza posticcia, si percepisce la rassegnazione di chi per sopravvivere deve imparare a fare altro.

La società dei consumi ci ha sedotti promettendoci una vita più facile, senza code, senza sportelli, ma ci ha precipitati  in un girone dantesco dai  costi sociali inestimabili, forse irreversibili.

E’ di questi giorni la proposta di Bill Gates di tassare macchine e robot che sostituiscono il lavoro, garantendo un reddito di sostentamento ai disoccupati estromessi dal nuovo mercato.

Un modo come un altro per salvare la pelle quando arriverà il giorno del giudizio.

 

 

Quando la vita si distrae
cadono gli uomini
occidentali’s karma
occidentali’s karma
la scimmia si rialza

 

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C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradio, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.

 

L’invasione degli imbecilli

Quando Umberto Eco lanciò l’intemerata contro la degenerazione delle nuove piattaforme comunicative, io stesso, da imbecille, pensai: «ecco l’intellettuale che demonifica  gli strumenti ai quali non riesce a omologarsi». In verità bofonchiai un eretico vaffanculo, ma il concetto era quello.

I social media – disse – «danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».

Traduco. Se in un  bar del mio paese (ne abbiamo tanti per favorire il contradditorio) un avventore elargisce insegnamenti su materie che per limite culturale o intellettuale non gli competono, immantinenti, la persona viene congedata con invito a fare in culo. E’ una sorta di anticorpo sociale. Al contrario, quando la scienza da bancone viene esercitata nello spazio virtuale,  a ogni censore che esorta a non andare oltre certe solennità corrispondono altrettanti fomentatori.

Questa meccanica – attirando o respingendo le esuberanze della rete – aiuta non solo capire la forza persuasiva di un  cretino (mai sottovalutarla), ma è utile nella comprensione di questi nuovi strumenti. Mentre Facebook  è l’amante disinibita che lasciando libertà di sproloquio  non si nega a nessuno; Twitter ha una genetica selettiva, i suoi indici di popolarità  oscillano in rapporto a variabili sofisticate e il difficile proselitismo argina il delirio e l’ipertrofia dell’ego.

Non a caso persone che su Facebook sembra possano spostare l’asse di rotazione terrestre, si eclissano quando varcano il meridiano di Zuckeberg. Riluttanza che sintetizzano affermando un sospetto disinteresse .

Che la schiettezza di Eco svelasse intuizioni fondate è confermato dalla diffusione di alcuni preoccupanti fenomeni.

E questo è il punto. Fino a quando l’apertura delle gabbie si sostanzia in farneticazioni strampalate ma innocue – tipo il manovale che vuole insegnare al ministro dell’economia come redigere una manovra finanziaria o il fruttivendolo che definisce le linee per arginare il fondamentalismo islamico (casi risolvibili con il riposo e un’alimentazione equilibrata) -, il fatto suscita anche tenerezza; ma se la teoria esula dall’astrazione e declina in pericolo sociale, il turbamento è legittimo.

Emblema di questa deriva è la campagna antivaccinazione. Facendo leva su correlazioni non dimostrate e infondendo l’insana convinzione che la normale profilassi germini l’interesse delle case farmaceutiche,  aggregazioni transitorie e apprendisiti stregoni stanno strutturando un sistema che rischia di minare la prevenzione delle malattie infettive.

E’ vero che giusti e folli si ripetono come il destino comanda, ma l’improvvisazione sulla salute non è tollerabile. Un confronto ci dev’essere, questo è pacifico, ma deve nascere, svilupparsi unicamente in campo scientifico, tra persone dotate di formazione, conoscenza, competenza.

Continuate a pubblicare gattini.