Il secondo tragico Di Maio

Ha dirottato Pinochet in Venezuela, Matera in Puglia, stigmatizzato l’Euro l’Europa e la NATO, affermato che il corpo umano è composto al novanta per cento da acqua, invertito la rotta sul TAP, chiesto lo stato di accusa per il Presidente della Repubblica, accusato il Partito Democratico di torturare i bambini di Bibbiano, chiamato Ping il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, flirtato con i gilet gialli, provocato il ritiro dell’ambasciatore francese, rinnegato il principio per cui uno vale uno, rinnegato la regola dei due mandati, abolito la povertà.

Luigi Di Maio, sordo al richiamo primordiale, palesando malcelati turbamenti, respinge ora il disegno primitivo.

Lo si è compreso quando, intervenendo al Cineforum Rousseau, lapidario ha dichiarato: «Per me il reddito di cittadinanza è una cagata pazzesca


Classificazione: 1 su 5.
  1. Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?

  2. Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.

  3. Un partigiano come Presidente, forse il popolo non se l’è meritato…ma nemmeno Toto Cuttugno.

Parola di un ipocrita

Indagando la composita sfera di parenti, amici, conoscenti, è raro scorgere persone che abbiano mai fatto ammissione della propria ipocrisia. Il quesito sorge allora spontaneo: se l’ipocrisia è tanto diffusa e radicata, perché ostracizzarla? Perché non annoverarla tra le sane manifestazioni dell’animo umano? Ha davvero senso indignarsi, dissimulare, se nessuno può dirsi immune? Passaggio obbligatorio…

La Putin Doll

La Putin Doll è una linea di bambole tutte simili, interscambiabili negli abiti e nei ruoli, commercializzata da Mattel Corporation  e ideata sul modello di una partigiana filorussa. Con accessori vendibili separatamente, è – secondo le contingenze – interscambiale con tratti identitari della politica filopalestinese, filoiraniana, filosiriana. Per venire incontro alla clientela più esigente, non ha…

Rutti

Abituati come siamo a esaltare l’autoreferenza di frettolosi interpreti digitali, abbiamo a tal punto smarrito la misura dell’arte da licenziare come stolto egocentrico uno dei più abili e corrosivi autori presenti sulla scena italiana. Autore di composizioni sopraffine e di scazzi memorabili, ha da solo nobilitato l’ultimo concerto del Primo maggio lanciando strali contro la…

Fenomenologia di un fesso

Come se Cristoforo Colombo, ottenuto l’appoggio di Isabella di Castiglia e il finanziamento dai regnanti di Spagna, avesse rinunciato alla sua esplorazione; come se Niki Lauda avesse sabotato il motore della sua Ferrari; come se Muhammad Alì avesse rinunciato all’ultimo round con George Foreman; come se Stanley Kubrick avesse disertato la lezione di geometria sulla prospettiva; come se Trotsky avesse venduto un piccone a Ramon Mercader; come se Rocco Siffredi si fosse inibito durante il primo provino; come se Ben Johnson si fosse fatto amputare le gambe; come se Proust avesse preferito la torta alle Madeleine; come se Doc avesse posizionato un parafulmine sulla torre dell’orologio di Hill Valley; come se Mick Jagger non avesse venduto l’anima al diavolo; come se Samara avesse concentrato la sua vita nei primi sei giorni della settimana; come se Sindona avesse chiesto un caffè corretto; come se Leonardo avesse distrutto la bottega del Verrocchio; come se Koulibaly avesse spinto la palla nella propria porta dopo una rimonta prodigiosa; come se Salomè avesse abbandonato le lezioni di ballo; come se Van Gogh avesse dato fuoco al campo di girasoli.

Così è nato il secondo governo Conte.

Mojto e rosario

Non sarà l’anno bellissimo improvvidamente vaticinato dal presidente Conte, di sicuro lo è, in attesa del campionato di calcio, questo mese di agosto. Nell’indecenza di un governo macchiettistico, sovrastimato anche nei pericoli, con l’esecutivo decade uno dei pochi talenti trasversalmente riconosciuti a Matteo Salvini: l’acume strategico. Trattati di tecnica militare ridiscussi in ossequio al segretario supremo, sono stati frettolosamente sotterrati dai catechisti del leghismo, eccitati da un piano trionfale che, seducendo prima e abbandonando poi l’ingenuo alleato, ha cannibalizzato il movimento cinquestelle, lucrando sulla funzione ministeriale e sdoganando linguaggi e comportamenti primordiali.

Un uomo elevato alla dignità istituzionale dopo ventisei anni di parassitismo statale, dei quali più che gli atti politici si ricorderanno il folklore, gli indumenti, le assenze. Del leghismo padano, abdicato in nome di un dubbio sentimento nazionale, ha tuttavia mantenuto la grettezza, la finta solidarietà popolare, diffondendo paure ancestrali che un sinistro apparato propagandistico ha curato cercando di affrancare il ministro dalle frequentazioni criminali, dagli intrighi internazionali, dai bancarottieri, dai 49 milioni.

Quindici mesi di cinica mistificazione e di dopata muscolarità su fenomeni che non è stato in grado di governare; intanto si consumava uno scenario di fallimenti economici, di incidenti diplomatici, di tasse, di condoni, di promesse disattese. Ma se le misure economiche sono opinabili perché esposte a una serie di variabili, altrettanto non può dirsi delle dibattute politiche migratorie e del contingentamento dei fenomeni criminali, strumentalizzati disertando i consessi internazionali e le commissioni parlamentari.

In questa cornice si curva la parabola dell’uomo forte, quello che occupandosi di mare, ruspe e pistole chiese pieni poteri e si ritrovò senza cornice e senza poteri. Un’ascesa sacralizzata in una consolle di Milano Marittina, tra aspersioni alcoliche, tette e rosari sbavati. Un meccanismo fino a quel momento perfetto, prima di incepparsi nelle contestazioni di Peschici, Policoro, Soverato, Catania, Recco, La spezia, Vittoria, Siracusa, Castelvolturno.

L’epica del capitano si è allora infranta contro il muro della superbia e di un altro Matteo, un tempo vittima dello stesso vizio capitale. Per ora è Matteo Renzi il vincitore di questa delicato passaggio politico, forse cruciale. Nell’apparente indolenza ha giocato le sue carte e rovesciato il tavolo, mettendo a nudo le debolezze e le ambizioni dell’avversario. A Matteo Renzi si deve la detronizzazione di Salvini, a Matteo Renzi il movimento cinquestelle deve la risalita dall’abisso in cui l’aveva spinto Di Maio.

Diceva Winston Churchill: «Date un briciolo di potere a un idiota e avete creato un tiranno.»


Dietro l’angolo

Sembrava una notte stellata, i  fiocchi cadevano lenti  sulla testa del bambino. Era felice,  rideva, le braccia e il viso rivolti verso il cielo. Sembrava la notte di Natale; ma appena dietro l’angolo, a pochi metri di distanza, le esalazioni di un cassonetto in fiamme rendevano la notte ancora più nera. La neve  si posava  acre sulla lingua del bambino. Non era neve.

Era un Banksy!

Sembrava il governo del popolo, il volgo plaudente lo acclamava, al suo passaggio intonava invocazioni di onestà, di speranza;  ma girando l’angolo, appena più in là, del popolo si era già dimenticato raddoppiando le imposte alle fondazioni assistenziali,  tagliando i fondi per gli orfani, condonando le evasioni e gli abusi dei papà, riducendo pensioni alle quali non aveva contribuito, aumentando le tasse. Non era il cambiamento.

Era un Banksy!

Sembrava un arresto come tanti, di un ragazzo come tanti, con un problema di droga come tanti.  Roma, Carabinieri, stazione Appia. La stanza è piccola, buia, al suo interno ci sono tre persone. Dietro l’angolo, in fondo al corridorio, c’è un ufficio poco ammobiliato. Accanto alla scrivania c’è la foto del Presidente della Repubblica. La scrivania ha due cassetti, uno è chiuso a chiave. Lo apro. Tra i fascicoli leggo un nome:  Stefano Cucchi. Non erano le prove di un abuso.

Era un Banksy!

Sembrava il ponte di Brooklyn, così lo chiamavano a Genova . Tutti lo guardano dall’alto o dal basso; soprattutto dal basso, uscendo di casa, andando a lavorare, aprendo le imposte. Mai nessuno aveva pensato di guardarlo da un’altra prospettiva, da dietro l’angolo. Mai, a parte quel musicista con il ciuffo e il mozzicone di sigaretta. Lo guardava quando ha iniziato a  sbriciolarsi trascinando con sé le auto, i camion, le persone. Non era un crollo.

Era un Banksy!

 

 

 

Di mercoledì/11: Il figlio di Cesare

[una rubrica poco utile]

senzanome

 

Il figlio di Cesare

Se la moglie di Cesare doveva apparire al di sopra di ogni sospetto, su di lui, Antonio,  Padre del ministro del lavoro e dello sviluppo economico, il sospetto è già stato superato dalla cronaca.

Raccolto nel focolare condonato, il signor Antonio, ancora medita su quel maledetto incidente. L’operaio non assicurato, la retribuzione in nero, le corse in ospedale, l’assunzione riparatoria, il licenziamento. Ora corre voce che i lavoratori irregolari fossero tre, l’ultimo dei quali si sarebbe dato a  gambe nei campi durante la visita dell’ispettorato del lavoro.

«Che figura di merda, papà! A me poi… il vicepresidente del consiglio, il ministro del lavoro», avrebbe sussurrato un Luigi Di Maio deluso.
«Luigi, cosa sono queste male parole? Sono tuo padre, non dimenticarlo!»

«Questo lo dice lei!»

 

 

 

 


Onde evitare interpretazioni  fuorvianti, la battuta finale non sottende la dubbia paternità del signor Di Maio, ma attinge dall’improvvida sortita del sottosegretario Castelli nel confronto televisivo con il ministro Padoan

 

 

Testimonial

Strano che a nessuno sia venuto in mente di farsi remunerare dalla Johnson Spa – casa farmaceutica che produce l’antidiarroico Imodium – ogni volta che va a cagare, perché in quest’asse si sviluppa la teoretica di Andrea Mura, il parlamentare del movimento cinquestelle che, giustificando la sua latitanza parlamentare,  ha  candidamente affermato che l’attività politica si può svolgere anche su una barca a vela.

Io l’ho detto fin dall’inizio, anche in campagna elettorale, che il mio ruolo, più che quello di parlamentare, sarebbe stato quello di testimonial a difesa degli oceani.
Il movimento cinquestelle sapeva quale sarebbe stato il mio ruolo e mi appoggia in questa battaglia. D’altronde, con la maggioranza schiacciante che i Cinque Stelle hanno alla Camera, che io sia presente o meno non fa alcuna differenza
.

Si è capito subito che  fosse una cagata.

 

 


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Di mercoledì/8: L’inchiostro simpatico

[una rubrica poco utile]

senzanome

 

L’inchiostro simpatico

Parafrasando Ennio Flaiano: «Sono giovani che hanno il coraggio delle idee altrui». E’ quanto emerso dall’articolo di Luciano Capone [Il Foglio], in cui si rivela come nottetempo il programma del Movimento Cinque Stelle sia stato sostituito in funzione delle rinnovate ambizioni pentastellate, ricusando livori e logiche cospirative.

Dal ripudio di ogni forma di colonialismo, neocolonialismo e ingerenza straniera alla riabilitazione dell’europa per le incombenti sfide internazionali; dal vagheggiato disimpegno delle missioni militari NATO all’esigenza di aprire un tavolo di confronto in seno all’alleanza atlantica; dall’accusa di prestare il fianco all’interventismo occidentale, compromettendo le relazioni diplomatiche con Damasco, alla critica dei sistemi di governo vigenti nei paesi arabi; dalla paventata insostenibilità della moneta unica europea, financo minacciando un referendum consultivo sul suo mantenimento,  alla negazione di volerne abbandonare il circuito.

Alla fine scopriremo che le stelle erano quattro.

 

a1 m5s

Modestamente, Fico

L’ufficio di presidenza della camera comunica che anche oggi il presidente Fico si è alzato, rinunciando all’ora legale, ha preparato la colazione alla sua governante, della quale ha accompagnato i figli a scuola, ha preso l’abituale autobus per recarsi a Montecitorio.

Come quella mattina in gita sul pulmino, in quel viaggio da sballo con le  ragazzine che ad ogni sua battuta sospiravano così: «Ma guarda che maglietta e che jeans! Mi piace un frego quello lì. E’ un tipo fico, ma proprio fico!»

Un credito d’umiltà per la terza carica dello Stato, derubricata a quarta per non instillare subordinazione tra le persone comuni. Sceso dall’autobus il presidente ha esordito davanti all’assemblea con un intervento di alto profilo: «Onorerò il mio impegno con il massimo dell’imparzialità e rigore». Salvo poi ammettere che il rigore non c’era.

Questo è  Fico. Il presidente umile che sognava di avere un motoscafo che corre sul mare con in tasca ai pantaloni un po’ di milioni da spendere in gelati, patatine, pop corn e noccioline. E Taxi.

 

 

 

Matricola 142

E’ l’Alaska, la patria adottiva di Christopher McCandless, quella del vecchio scuolabus abbandonato nella neve, l’unica nazione al mondo che applica il reddito di cittadinanza.

Ne deriva che se avete creduto alla variopinta narrazione grillina e non appartenete ad alcuna delle etnie Athabaschi, Aleuti, Yup’ik, o non possedete un Igloo nelle algide terre nordamericane, sarà illusorio defilarsi dall’etnia Khaf.

Rispetto all’istituto vigente in Alaska, in cui il richiedente dev’essere cittadino da almeno un anno, il progetto assistenziale pentastellato, che in invero è un reddito minimo garantito di 780 euro netti al mese,  presenta tuttavia delle peculiarità.

Intanto è un sussidio. La dicitura reddito di cittadinanza, certamente più glamour della parola sussidio, è  un espediente semantico, una suggestione, familiare più  alle televendite di Wanna Marchi che alla  riforma dello stato sociale. Senza  la vecchina che balla.

Una suggestione della quale si dovrà rispondere a breve, perché scemato  il fervore elettorale, calata la mannaia della realtà, i contorni cambieranno. Stime al ribasso prevedono che il reddito  pentastellato, calcolato su un potenziale di nove milioni di persone, graverà sulle casse dello stato per almeno cento miliardi.

Le perplessità sul reperimento delle risorse non favoriscono l’analisi. Dal taglio generico degli sprechi alla riforma dei centri per l’impiego, la superficialità si coagula nella retorica dei privilegi parlamentari, che avrebbe un senso se non incidesse  più sulla morale che sull’economia. Per contro non si rivela l’impatto che le misure avranno sui  bilanci, quanto costeranno in termini di interessi sul debito e sui mutui, quanto accresceranno l’imposizione fiscale, l’Iva.

Insomma, ferme restando le perplessità sulle coperture finanziarie, evocando risorse che se non sono state trovate in tutti questi anni è legittimo pensare che non esistano, il funambolico progetto pentastellato statuisce che il richiedente abbia raggiunto la maggiore età, sia  disoccupato, non percepisca reddito da lavoro, non percepisca pensione non inferiore alla soglia di povertà.

E’ condizione per il mantenimento del sussidio che il richiedente si iscriva ai ristrutturati centri per l’impiego, che accetti uno dei primi tre lavori che gli saranno offerti; che  partecipi a progetti utili per la collettività per un massimo di otto ore alla settimana; che partecipi a non definiti corsi di formazione.

Non è chiaro da dove nasceranno i tre lavori proposti dai centri dell’impiego, ma nel vuoto primitivo, dove chiunque si arroga il diritto di elaborare e confutare teorie economiche, sociali, mediche, l’importante è vendere.

Arguendo lo scarso potere seduttivo di una campagna elettorale incentrata sulla riforma dei centri per l’impiego, tuttavia mi chiedo: anziché alimentare illusioni al limite della circonvenzione d’incapace, non sarebbe stato più onesto – tanto più per chi eleva l’onestà a suo credo – parlare meno di reddito di cittadinanza e più delle premesse alle quali è subordinato il modello sociale pentastellato?

Semplifico. Se per stimolare la campagna abbonamenti di una squadra in crisi economica e di risultati, il presidente – agendo sulle pulsioni emotive dei tifosi – da una parte promette l’acquisto di Cristiano Ronaldo [reddito di cittadinanza] e dall’altra, con tono meno enfatico, sussurra che l’acquisto sarà subordinato a una complessa ristrutturazione organica e finanziaria della società [riforma dei centri per l’impiego], e che in ogni caso questa ristrutturazione non avverrà prima di due o tre anni, secondo voi,  ai tifosi rimane in mente la mirabolante immagine di Cristiano Ronaldo o  le complesse variabili che di quel progetto costituiscono la premessa?

Su quest’ambiguità nasce la XVIII legislatura,  sospesa tra una nascita complicata e l’ombra di una morte prematura, con pochi viveri, un sacco a pelo e l’illusione beata dei cercatori di sogni.

 


 

 

Il popolo è un bambino
[Ascanio Celestini]

 

Il popolo è un bambino.
Se gli rubi le caramelle il bambino si arrabbia.
Ma se gliele metti in vetrina quello se le compra subito.
Allora tu che sei più furbo del popolo gliele fai pagare il doppio di quello che valgono.
Così per ogni caramella che si compra una gliela vendi e un’altra gliela rubi.
Se metti le mani in tasca al popolo sei un ladro,
ma se è il popolo che si viene a svuotare le tasche da te è solo una legge di mercato.
Il popolo è un bambino, gli piace comprare le caramelle.
Poi magari se le porta a casa e manco se le mangia.
Magari le butta al secchio, magari.
Perché ai bambini gli piace comprare comprare comprare.
Allora tu che sei più adulto del popolo gli vendi tutto.
Il popolo vuole mangiare? E tu gli vendi le porcherie fino a farlo scoppiare.
Il popolo vuole le canzonette? E tu gli vendi qualche chilo di ritornelli da canticchiare sotto la doccia.
Il popolo vuole gli ideali? E tu gli vendi anche quelli.
Poi magari li porta a casa e non ci crede più.
Magari li butta al secchio.
Meglio! Meglio…
Così torna subito al supermercato a comprarsi le caramelle.


Quelli che…


Quelli che…

Quelli che vanno in diretta streaming perché non pagano il canone RAI, oh yes!
Quelli che da cinque anni dipendono da Casaleggio convinti che l’Italia sia un’azienda, oh yes!
Quelli che #PrimaGliItaliani.
Quelli che accendono un cero alla Madonna perché hanno incontrato Grillo, oh yes!
Quelli che di mestiere ti spengono il cero, oh yes!
Quelli che Mussolini è dentro di noi, oh yes!
Quelli che votano a destra perché sono bravi a manganellare, oh yes!
Quelli che votano a destra perché il  Museo Egizio è troppo egizio, oh yes!
Quelli che votano scheda bianca per non sporcare, oh yes!
Quelli che il contratto con gli italiani, oh yes!

Quelli che uno vale uno, oh yes!
Quelli che vogliono la Flat Tax al 15%.
Quelli che la Flat Tax per le imprese esiste già, oh yes!
Quelli che esiste ma è al 24%, oh yes!
Quelli che la frode fiscale li ha resi incandidabili, oh yes!
Quelli che credono che Fabio Fazio sia Bruno Vespa da giovane, oh yes!
Quelli che la notte di Natale scappano con l’amante dopo aver revocato il bonifico al movimento, oh yes!
Inteso come intestino, oh yes!
Quelli che svalutiamo l’euro, vendiamo i nostri prodotti e gli altri ci guardano, oh yes!
Quelli, quelli che sono dentro nella merda fin qui, oh yes! Oh yes!

Quelli che col vaccino esavalente diventi autistico, oh yes!
Quelli che, quelli che non possono crederci neanche adesso che la terra è rotonda, oh yes!
Quelli che vogliono tornare in Forza Italia seguendo le scie chimiche, oh yes!
Quelli che cancelleremo la legge Fornero, oh yes!
Quelli che ti spiegano le tue idee senza fartele capire, oh yes!
Quelli che adesso no, ma domani mi autosospendo.
Quelli che il ponte sullo stretto, oh yes! Oh yes!
Quelli che il bonifico lo fanno solo a Siena da papà, oh yes!
Quelli che bloccano la strada a Porto Pozzo, oh yes!
Quelli che perdono la guerra… per un pelo, oh yes! Oh yes!

Quelli che ti vogliono portare a morire in svizzera, oh yes!
Quelli che gli altri li abbiamo già provati, oh yes!
Quelli che a sinistra hanno un sistema vincente per perdere le elezioni, oh yes!
Quelli che l’incarico a chi vince oppure non c’è più democrazia, oh yes!
Quelli che non ci sentiamo per un po’, oh yes!
Quelli che me lo dai il voto?, oh yes!
Quelli che puttana miseria, oh yes!
Quelli che citano Pasolini e il vangelo a cazzo, oh yes!
Quelli che dicono che i soldi non sono tutto nella vita, oh yes!
Quelli che dovremmo prenderci un pezzo de Libbia, oh yes!

Quelli che per principio non per i soldi, oh yes! Oh yes!
Quelli che l’ho letto su internet, oh yes!
Quelli che meno male che Silvio c’è, oh yes!
Quelli che l’Italia è il paese che amo perché hanno una famiglia da mantenere, oh yes!
Quelli che sono onesti fino a un certo punto, oh yes!
Quelli che non sono economisti, ma leggono l’Economist.
Quelli che salgono al colle con la lista dei ministri e sbagliano colle, oh yes!
Quelli che state tranquilli, non mi ritiro, oh yes!
Quelli che due ore di neve e si ferma tutto, oh yes!
Quelli che se non vince nessuno meglio tornare al voto, oh yes!

Quelli che al bar sanno tutto di filosofia teoretica, oh yes!
Quelli che il  miglior vaccino contro la varicella è prendersi la varicella.
Quelli che faccetta nera, in fondo, non era così nera.
Quelli che prima i sardi, ma domani sono in Abruzzo, oh yes!
Quelli che non trovano mai la scheda elettorale, oh yes!
Quelli che votano alle 22 per non disturbare, oh yes!
Quelli che se perdo non mi dimetto.
Quelli che l’agente provocatore mi ha provocato, oh yes!
Quelli che il 4 marzo.
Quelli lì…