Plis, visit Santa Teresa

Fondata in the 1808 dal King Vittorio Emanuele first di Savoia e intitolata alla wife Maria Teresa d’Austria, Santa Teresa is one of the most famous località in the north Sardegna; perfect destination for anyone who loves ciattuli as well as the clear blue sea.

Eleganti buildings dai pastel colors si alternano walking down National Street. The main square, fulcro della citylife, è gradevolmente animata – before coprifuoco at 10 o’ clock – fra appetizers, eventi and live music.

But il mare is the very protagonista of Santa Teresa Gallura, place of circa five thousand abitanti.

La popolazione locale è signorile e cortese. The experience, tuttavia,  recommend don’t use  a Santa Teresa l’italica espressione “you don’t know who I am! “.  To violate this rule is very dangerous. A native, in this case,  could answer: ” Hush! Hush! This asshole has to tell us who he is!

Going down to the mare, dal quale mai an athlete is landed, si giunge alla Longosardo tower, edificata per volere di Filippo II di Spain. E’ la largest tower edificata dagli spagnoli in Sardinia.

L’abitato develops along two insenature: Porto Longone a oriente, white sand bay to the west. Many times insignita with l’iconica Blue flag, sinonimo di clean coastlines and transparent seawater.

Around the borgo, Marble Instalment Beach, Elderberry Cove, Bad Boat Bay, Saint Reparata Bay and Aunt Culumba Beach rendono esclusivo il luogo.

Nel rinomato promontorio di Head Cape, punta settentrionale dell’isle, le prestigiose spiagge di Rena di West and Rena di East, on the road leading to the lighhouse, esaltano i panorami di Prickly Cove e le  carved cliffs della Moon Valley.

The landscape ha for a long time ospitato il prestigioso festival jazz  “Musica on the Mouths” del celebre artista Broad Beans Soup.

Plis, visit Santa Teresa Gallura.


  1. Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?

  2. Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.

  3. Un partigiano come Presidente, forse il popolo non se l’è meritato…ma nemmeno Toto Cuttugno.

La Putin Doll

La Putin Doll è una linea di bambole tutte simili, interscambiabili negli abiti e nei ruoli, commercializzata da Mattel Corporation  e ideata sul modello di una partigiana filorussa. Con accessori vendibili separatamente, è – secondo le contingenze – interscambiale con tratti identitari della politica filopalestinese, filoiraniana, filosiriana. Per venire incontro alla clientela più esigente, non ha…

Rutti

Abituati come siamo a esaltare l’autoreferenza di frettolosi interpreti digitali, abbiamo a tal punto smarrito la misura dell’arte da licenziare come stolto egocentrico uno dei più abili e corrosivi autori presenti sulla scena italiana. Autore di composizioni sopraffine e di scazzi memorabili, ha da solo nobilitato l’ultimo concerto del Primo maggio lanciando strali contro la…

Sabato antifascista

All’apparenza sembrava un sabato qualunque, di quelli che già profumano di domenica, di sveglie ritardate, di pigrizia pomeridiana. Ma non per tutti. Per Benito era il primo sabato antifascista. Così, dopo essersi lui medesimo dichiarato antifascista, Benito, alleggerito dalle funzioni corporali, si recò in cucina, accese i fornelli e avviò la preparazione del caffè dosato…

A casin’ ‘e Pompu

Superata la meridiana di Oristano, esplorando le arterie che dalla statale 131 immettono nella Sardegna più remota, silenzioso si rivela un panorama di desolazione, pascoli, terre coltivate.

Logori cartelli indicano luoghi il cui nome mi è ignoto o quasi; annunciano distanze illusorie e si contendono i viandanti esaltando le grazie del territorio: il pane, il fiume, i murales.

I paesi somigliano a un set di Sergio Leone, campanili e spaziose piazze centrali si affacciano sulla pianura. Una calda brezza ci spinge lungo le strette vie interne. Serrati si scorgono l’ufficio postale e la stazione dei Carabinieri.

Medio Campidano, punto di congiunzione tra Marmilla e Trexenta.

Dopo una deviazione a Furtei, che brilla più nella trachite della chiesa di Santa Barbara che nello svanito miraggio aureo, attraversiamo Segariu. Sulla strada per Orroli, fuori programma, impreziosisce l’itinerario la tappa a Villamar: il paese fu riscattato nel 1839 con l’abolizione del sistema feudale.

Il doppio campanile romanico della chiesa di San Pietro e le tipiche costruzioni in ladiri – i mattoni in terra cruda ottenuti dall’impasto di fango, acqua e paglia – solcano le orme del tempo.

Arriviamo a Orroli nel tardo pomeriggio. Al bar scorrono generose le caraffe di birra. E’ un giorno di festa. L’attenzione cade sulla cangiante livrea di un ragazzo appena maggiorenne; come un croupier si muove tra i tavoli apparecchiati verificando l’andamento delle gare di murra e delle tollerate bische.

Un’illusione che licenzia attimi di vivacità prima di restituire il paese all’agonia di luoghi che seppur desolati vantano una mirabile conservazione. Un’ordinanza sindacale vieta il transito ai cavalli.

La prossimità con il lago fa di Orroli una meta ideale per immergersi nella valle del Flumendosa. A bordo di un battello in stile Mississipi, spinto da caratteristiche ruote a pala, l’escursione rivela panorami per me nuovi, interrotti alle spalle del Nuraghe Arrubiu dall’imponente diga.

La vivacità affabulatoria del comandante accompagna la navigazione tra gole rocciose e piane fiancheggiate dalla vegetazione fluviale, scoprendo conche ora rocciose ora ciottolose ora sabbiose.

Il tempo rimanente è un ricamo di curiosità, facce, cortesie.

Il bambino di Villanova Tulo, che ci nega il permesso di accedere al cortile della parrocchia; la signora di Mandas, che ci dà il benvenuto e ci chiede cosa ci ha portato ad abbandonare i bei luoghi da cui arriviamo per le terre del Duca; il sindaco di Mandas, che spiega le origini de sa perda ‘e sa bregungia all’ingresso della chiesa; lo stupore visitando Casa Zapata e il complesso Su Nuraxi a Barumini; i variopinti filari floreali a Turri

Tutto avvolto da un senso di distanze percorse e ancora da percorrere; perdizione che nessun luogo poteva meglio rappresentare della deviazione per Pompu.


Nota: il corsivo evidenzia le descrizioni fedelmente mutuate dal sito specializzato.


  1. Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?

  2. Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.

  3. Un partigiano come Presidente, forse il popolo non se l’è meritato…ma nemmeno Toto Cuttugno.

Il demone

La beffa più grande che Simone Inzaghi abbia allestito dal suo approdo alla guida dell’Inter, parafrasando Keyser Söze ne I soliti sospetti, è stato convincere il mondo che lui non esistesse. Non esisteva quando, immersa nell’amnio del recente passato, la Juventus richiamava al capezzale Massimiliano Allegri. Non esisteva quando, per allineare i bilanci a più sostenibili…

La ruota

**** C’era una ruota molto carina Scendendo al porto, giù alla marinaNon si poteva salirci dentroQuando ostinato soffiava il vento Non si poteva vedere nienteIn quella zona non c’era gente Non si poteva fare pipìIl depuratore era già lì Ma era bella, bella davveroMeglio di quelle di Olbia e di AlgheroMa era bella, bella davveroE…

EST

Compulsando i diari dei viaggiatori, nella programmazione della nuova meta, mi è rimasto impresso il commento di una ragazza che, in termini esperienziali, affermava che la Romania non le aveva lasciato nulla. Un commento netto, algido, prossimo all’indifferenza. Sarà la mia passione per i paesi dell’est Europa, la ferita portata a quelle terre dalla spietatezza…

Area Marina Protratta

E’ il 4 marzo dell’anno 2021

E’ giovedì
A Santa Teresa il sole è sorto alle 06:51
La luna è gibbosa calante
La Chiesa ricorda i santi Casimiro e Lucio
Il Presidente del Consiglio è Mario Draghi
L’Inter di Antonio Conte è prima in classifica.

Mentre i giorni passano, i figli crescono, le mamme invecchiano, generano da qualche ora sconcerto le strategie prospettate per la prossima stagione estiva. Non tanto per l’alba, la luna o le celebrazioni di Sancta Romana Ecclesia, quanto per le sommarie notizie riguardanti la mobilità per Capo Testa.

Le uniche dichiarazioni, quelle dell’Unione Alta Gallura, parlano esplicitamente di mobilità turistica di tipo collettivo, con limitazione di quella individuale a poche ristrette categorie: proprietari, affittuari, ospiti delle strutture ricettive, operatori commerciali. Dichiarazioni che, per delusione o per incredulità, licenziano perplessità già esplorate con le prime misure adottate dal Governo, quando il cittadino si chiedeva se il proprio caso fosse o meno incluso nel novero di quelli autorizzati.

Ma ancora pa li lungunesi? – chiede le gente.

Apprezzata l’idea di progettare un trasporto pubblico a basso impatto ambientale; di salvaguardare il litorale costiero e i fondali; di regolamentare un più ordinato accesso alle spiagge, comunque, è 4 marzo; appena due mesi ci separano dall’inizio della stagione. Due.

Se da un lato tenaci imperversano le varianti del contagio, con altrettanta rapidità, dall’altro, corrono le esigenze organizzative di imprenditori e cittadini, abbandonati nell’impossibilità di fornire informazioni precise e possibilmente definitive. Un’incertezza che potrebbe influire sulle aspettative del turista. E non solo.

Mettiamoci nei panni di un’immaginaria nonna Pina, alacre ottuagenaria che a bordo della sua Fiat Panda Fire, giorno dopo giorno, scarrozza in lungo e in largo per il paese per caricare e portare al mare i suoi nove nipoti.

Nonna Pina, con meticolosità militare e consumata sapienza logistica, raggiunge quotidianamente Capo Testa, calcolando l’ora in cui qualcuno libererà il posteggio; parcheggia la Panda, raggiunge la spiaggia e rovescia nell’unico spazio disponibile un assortimento di asciugamani e giocattoli visibili dalla luna. Completano il carico un ombrellone di ultima generazione con punta perforante, che a ogni affondo provoca una scossa di magnitudo 6.3 a Singapore; sdraio multipiano con tettuccio estraibile e ingresso USB; pozzetto frigo di categoria energetica A+++ , tecnologia no frost, raffreddamento All around cooling, modulatore di potenza e derrate alimentari di prima scelta.

Nonna Pina, che vorrebbe portare avanti questa nobile attività, grazie alla quale dispensa i figli da ulteriori spese, oggi, è angosciata perché ha letto su La Nuova Sardegna che da quest’anno potrà raggiungere la spiaggia solo a bordo di una navetta elettrica, che dovrà attendere la coincidenza nella stazione allestita al porto, che dovrà badare ai nove nipoti durante il trasporto, al mare, al rientro. Rientro che dovrà coincidere con gli orari e la disponibilità degli autobus.

Nonna Pina ancora ricorda quel festoso comizio in piazza, un sabato, nel quale tutti applaudivano; anche lei applaudiva. Le avevano detto che l’Area Marina Protetta avrebbe portato benessere e prosperità, i mari si sarebbero ripopolati e i lungunesi avrebbero ricominciato a pescare le minchie di re.

Non vorrei, zia Pina, che essendo la nostra una repubblica parlamentare, ci rimanessero solo le minchie.

® copertina: Lisandro Rota


Classificazione: 3 su 5.
  1. Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?

  2. Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.

  3. Un partigiano come Presidente, forse il popolo non se l’è meritato…ma nemmeno Toto Cuttugno.

Fronte del talco

Sulla cima della torre c’è una magica cittàAbitanti e comitati già se stanno a dissocia’C’è una lieve fuoriuscita che ancora Ernia non èÈ scurrile e un po’ malsana e si cura con il rap Al Don, al Don non piace saiParlan di droghe di soldi e di guaiDi anfetamina, di orge e di gay, sei,…

Ti faccio nero

Sarò perentorio: secondo me Acerbi – che non è un razzista – quelle parole le ha dette, e anche se nessuna prova può documentarlo, ha commesso una stupidaggine. Una stupidaggine perché è anche a lui nota la sensibilità, solo cosmetica, con la quale l’opinione pubblica si pone rispetto al tema del razzismo e alle frequenti…

Cioccolato e Cremlino

E’ tempo di alzare bandiera bianca. Le ultime mosse da scacchista di Putin hanno improvvisamente rivelato le difficoltà dell’occidente e ridisegnato gli equilibri in seno all’Alleanza Atlantica. L’annunciata partenza di Pupo alla volta di Mosca, la scelta di andare in trincea, la promessa di un nuovo contributo al dialogo tra fratelli russi e fratelli ucraini,…

Scusa, Gianni

Quando Gianni Chessa, assessore regionale al turismo, propose di trasformare la Sardegna in una griffe mondiale, molti lo derisero. In principio fu la guerra alle fiere, poi il museo del coltello sardo, il parco acquatico con scivolo a Cala Mosca, la crociata contro i paesi africani, la promozione dello surf. Da assessore del comune di Cagliari, apogeo di un innato talento istrionico, propose, lungo i cinque chilometri di spiaggia, l’esilio dei fenicotteri del Molentargius.

Intuizioni che non gli hanno risparmiato lo scherno dei detrattori, ai quali, indulgente, non ha mai ribattuto; animato più dalle rivendicazioni della sua terra che dalla bassezza polemica dei suoi antagonisti.

Gianni voleva lasciare un segno.

Umiliato dalle masse per il carattere introverso e remissivo, involucro dell’identità celata, pianificava silente la sua strategia. Assorbendo le radiazioni emanate dal pianeta Muskion, convogliava energia nell’organismo per mezzo dell’uniforme da supereroe – personalizzata dalla lettera G, emblema della dinastia dei Gianni -, corredata da un cilindro per cappello, due diamanti per gemelli, un bastone di cristallo, la gardenia nell’occhiello e un papillon di seta blu.

Rilette oggi, suonano rivelatrici alcune sue dichiarazioni: «È ancora presto per parlare di queste cose, ma ho già in mente progetti molto chiari e innovativi che potranno far parlare della Sardegna all’estero».

«Ho già in mente progetti molto chiari e innovativi che potranno far parlare della Sardegna all’estero. Basta alle fiere in giro per il mondo, meglio una sola tappa ma fatta bene.»

Prima pagina per la trovata del passaporto sanitario, prima pagina per le puerili rivendicazioni del sindaco Sala, prima pagina per il focolaio Covid in Costa Smeralda, prima pagina per la quarantena nell’isola di Santo Stefano, prima pagina per la quarantena a Carloforte, prima pagina per i migranti sbarcati a Teulada, prima pagina per la lite tra Flavio Briatore e il sindaco Roberto Ragnedda, Arzachena in tendenza su Twitter, le pecore di Pandora, la fuga di Mesina, Ferragnez a Santa Teresa, la prostatite di Briatore.

Scusa, Gianni.

Classificazione: 1 su 5.
  1. Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?

  2. Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.

  3. Un partigiano come Presidente, forse il popolo non se l’è meritato…ma nemmeno Toto Cuttugno.

la lotta amata

Se il sonno della ragione genera mostri, cade in queste ore opportuno il caso di Donatella Di Cesare, filosofa e discussa editorialista della vivace agorà d’Italia. Espressione di una linea intellettuale riuscita nell’impresa di rendere ostile la sinistra anche a chi alla sinistra si sente idealmente affine, Donatella Di Cesare balza agli onori per il…

Non è un giorno da dimenticare

Sono le ore 00:59, un folto assiepamento di giornalisti e simpatizzanti accoglie Alessandra Todde, nuova presidente della regione Sardegna. Un banchetto frettolosamente allestito davanti alla sede raccoglie le sue prime dichiarazioni. Doveva essere un normale scrutinio elettorale, di quelli che a metà pomeriggio la gente s’incontra al bar e si prende per il culo imputandosi…

Rombo di Todde

La spedizione di Todde sarà ricordata come uno degli episodi cruciali della campagna elettorale sarda. Partita nella notte tra il 18 e il 19 di febbraio dall’agro del campo largo, Todde sembra muoversi con il preordinato scopo di rovesciare il governo fascista e appoggiare le rivolte scoppiate nell’isola. Turbata dalla voce tonante e imperiosa e dal…

Gianni il bolscevico

È ancora presto per definire i provvedimenti, ma il compagno Gianni, da poche ore atterrato a San Pietroburdo, non sembra lesinare idee e progetti per la sua personale campagna di Russia.

«Ho accettato questa sfida di andare in Russia, ma non sono qui per fare solo fiere e mettermi in Mosca. Dobbiamo fare un salto di qualità, non ci servono solo i mercatini e gli stand in PCI. Andiamo oltre, vendiamo le nostre bellezze, la Sardegna con questo bellissimo tempo che si trova solo qui, il paesaggio, Stalin, la grande mano d’opera sarda che deve essere valorizzata con i percorsi culturali e quant’altro. Soprattutto, quant’altro.»

«E’ inutile presenziare a decine di fiere del settore portando un pezzo di questo e un pezzo di quello. Così facendo si dimenticano mille cose, si offre una visione distorta e non si coglie nel segno. Meglio partecipare a un solo evento ma mettendo in campo tutto il potenziale della nostra isola, senza dimenticare nulla e senza dimenticare nessuno. Faccio un esempio: siamo stati ovunque ma ci siamo sempre dimenticati del colbacco tradizionale sardo. Eppure c’è un mercato florido dietro questo prodotto e ci sono persone disposte ad attendere anche un anno e mezzo pur di averne uno».

L’assessore, stando alle indiscrezioni, avrebbe preso contatti con un senatore russo, facendosi accreditare per illustrare un ambizioso progetto: esporre in Sardegna alcuni dei capolavori esposti nel Palazzo d’inverno che fu dimora degli Zar, da non confondere con lo Zir di Macomer, il consorzio che gestisce gli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti.

Nel frattempo si allarga l’inchiesta che coinvolge il presidente dell’associazione Sardegna-Russia. L’uomo, insieme ad altri due italiani, avrebbe avviato una trattativa per l’acquisto di trenta porcetti scontati del 6 per cento, per poi rivenderli in sardegna a prezzo pieno.

Goodbye, Esit

Nelle scuole di scrittura si insegna che per descrivere un periodo storico bisogna farlo vivere attraverso i particolari quotidiani, quelli che lo fanno riconoscere e lo fanno ricordare. Come la musica, per esempio. I film, le auto, la moda. Quanto costa una tazzina di caffè. (Carlo Lucarelli)

L’Italia è quella del 1954, sul canale unico della RAI iniziano ufficialmente le trasmissioni televisive; il governo presieduto da Mario Scelba presta giuramento nelle mani del presidente Einaudi; alla radio passano Te voglio bene di Renato Rascel; La Fender lancia sul mercato la Stratocaster; Marilyn Monroe sposa il campione di baseball Joe Di Maggio. In questo ritratto, a Santa Teresa Gallura, poco meno di tremila anime, inizia la costruzione dell’albergo Esit.

Un fabbricato imponente del quale da troppo tempo sopravvivevano spoglie vilipese da anni di dispute, di contese pubbliche e private. Rovistando tra grovigli ferrosi e blocchi aggrediti dalla salsedine c’è il peso del tempo, spinto dall’uomo e dal maestrale. Dalle viscere più riposte spira l’alito di baci rubati e di amori clandestini, la voce dei pescatori, il racconto di passeggiate infinite. Dove un tempo c’era l’asfalto, la terra restituisce l’odore delle prime sigarette fumate e negate in famiglia. L’Esit era il porto franco del vizio: consentiva quel che era vietato altrove.

Come tra due amanti che non hanno più nulla da dirsi, i ricordi danzano nostalgici sulle macerie. Non possiamo più affrontare la fatica di metterci a passo con la giovinezza, diceva Proust. Ammesso che ne abbia mai avuto una, la sua missione era esaurita da tempo. Ma il caterpillar del tempo se ne fotte. E anche della storia.

Passo davanti al cantiere, mi fermo.  Ci sono diverse auto parcheggiate, una in particolare. Ha la radio accesa. Mentre la punta pneumatica si accanisce sullo scheletro del fabbricato, dal finestrino socchiuso si diffondono gli accordi di  Paracetamolo, l‘ultimo disco di Calcutta. Poi la musica finisce. Si sente il ruspista che parla di pesce, di pioggia, del marciume dei solai. Il sindaco scatta l’ultima foto ricordo. Con le braccia tese verso l’alto, sembra ergersi a sacerdote benedicente.

Dove prima sorgeva un rudere, adesso, maestoso si apre il panorama sulla torre spagnola, sulle Bocche di Bonifacio, sulle scogliere della Corsica. Una luce alla quale non ero abituato.

La macchina è ancora ferma. La radio accesa trasmette il notiziario. L’apertura è per Salvini, il ministro dell’Interno ha respinto una nave con a bordo 629 migranti. A Roma nove persone sono state arrestate con l’accusa di associazione a delinquere per lo scandalo del nuovo stadio. Iniziano i mondiali di Russia. Intanto la furia pneumatica si placa. Sono bastati tre giorni.

E’ il duemiladiciotto.

Il presidente del Consiglio è Giuseppe Conte, la radio passa Italiana di J-Ax e Fedez; al cinema c’è Dogman di Matteo Garrone; una tazzina di caffè costa un euro; Santa Teresa Gallura ha una popolazione di 5.279 abitanti.


 

 

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L’estate sta sfinendo

In anticipo sul gran ballo del controesodo, già filtrano i primi commenti relativi a una stagione contradditoria, onestamente brutta, avviluppata in interrogativi talmudici, di per sé rivelatori di un disagio.

La questione è una, sempre la stessa: la definizione del turismo adatto a Santa Teresa e la capacità di produrre attrazione oltre il mare, gestendo nel contempo presenze, ordine, benessere.

L’analisi dev’essere tuttavia preceduta da un laboratorio di propedeutica sul rapporto tra turista e popolazione indigena, definendo se sia più biasimevole il turista (al quale addebitiamo più la colpa di non lasciarci parcheggio o posto in spiaggia che gli isolati episodi di maleducazione) o  l’indigeno, che disconoscendogli pregiudizialmente doti atletiche  care all’aneddotica teresina, non perde occasione per rimproverargli abiezione,  scarso senso civico,  miseria.

A proposito di miseria,  chi è tanto cortese da illustrarmi i canoni della miseria turistica? Per capirci: il turista che frequenta con parsimonia i ristoranti ma spende nei supermercati, dove va collocato? Per il ristoratore  sarà  evidentemente  un mestatore di povertà, un peso, un danno per il paese. Ma se lo stesso cliente esce dal supermercato con due carrelli di spesa, acquista una bombola e cena nella casa presa in affitto, che referenza gli assegneranno, nell’ordine,  il  proprietario del supermercato, il bombolaio, il locatore?

Perché il turista dovrebbe rinnegare i principi di economia domestica ai quali ottempera nei restanti mesi dell’anno?  Meglio se fa lavorare le attività commerciali, per carità, ma non esiste un precetto evangelico per cui non si possa mangiare un panino in spiaggia  o fra il locale che gli fa pagare la birra tre euro e quello che gliela fa pagare dieci sceglie il primo. Badate che hanno assegnato il nobel per molto meno.

E poi, a prescindere da questa constatazione, siamo certi che fuori dalla roccaforte municipale i teresini riflettano il modello di turismo che noi non abbiamo la fortuna di accogliere? A sentirli sembra che molti di essi, superato  il tropico di Buffetto, si trasformino in turisti arguti, dal portamento patrizio, dispensatori di munificienze degne di un re saudita.

Non vorrei  scoprire un giorno di essere l’unico che quando varca la soglia di casa non frequenta alberghi a cinque stelle, non mangia in ristoranti suggeriti dal gambero rosso e non lascia  mance faraoniche. Taberna Santona a Sassari is my nation: poche formalità, mangi bene, spendi poco. E soprattutto ti servono il glorioso amaro Braulio.

Meditiamo allora sulle soluzioni, sulla proposta di un modello di sviluppo alternativo. A proposito: ritenendo assai pretenzioso  disquisire di miglioramento dell’offerta turistica in assenza di una proposta turistica, mi chiedo: «ma noi un modello di sviluppo ce l’abbiamo?» Chiedo, eh! Metti che uno si distragga…

Allo stato, A.D. 2017, sembriamo abbastanza confusi, disorientati da  discorsi e teorie che si divorano reciprocamente. E non è un caso.  Non è un caso perché questo studio doveva essere  fatto trent’anni fa, non oggi. Trent’anni fa, quando l’economia turistica era florida e i margini di crescita erano concreti.

Le soluzioni, dicevamo. Ma veramente qualcuno è convinto che l’introduzione del numero chiuso nelle spiagge possa sanare il problema?  Sarebbe una scelta lungimirante in termini di preservazione ambientale, questo è certo, ma con una stagione così breve, quali sarebbero le ricadute sul mercato? Conoscete qualcuno seriamente disposto a sacrificare il guadagno per la causa ambientale? Lo stesso ambiente che nel tempo abbiamo offeso con progetti e ridondanze architettoniche da centro commerciale?

Noi che non riusciamo a convivere con la poseidonia siamo maturi per una svolta ecologista? Oppure il nostro orgoglio ambientalista si è esaurito plaudendo la reprimenda balneare alla tumulatrice di tonno in scatola?

Il discorso è più ampio, riguarda le proposte, le regole, e non si esaurisce nelle sterili accuse che si scambiano maggioranza, opposizione e aspiranti signor Wolf.  C’è un problema di ordine generale.

Questo paese ha un problema con l’osservanza delle regole, manca la severità, manca il controllo;  responsabilità rispetto alla quale nessuno può sottrarsi. Mai come quest’estate ho avuto l’impressione che tutto fosse concesso: dai parcheggi che hanno invaso impunemente le carreggiate di capo testa (generando anche pericolo a ridosso delle curve) all’esercizio del commercio abusivo; dai camper che da anni militarizzano porzioni di suolo pubblico all’esercizio del volantinaggio in spiaggia, tanto più deprecabile  se espletato da chi, almeno in teoria, sarebbe preposto alla vigilanza.

Mi chiedo poi quando si aprirà – fra persone competenti – un dibattito sull’estetica, sul decoro di questo paese. Un paese come Santa Teresa non può permettersi, tanto meno in punti strategici, lo scenario post-nucleare del dismesso impianto ENI di via Tibula, così come non può permettersi l’impatto da guerra balcanica offerto dalle macerie dell’albergo ESIT. Si studino delle soluzioni, delle coperture, financo la bomba H, ma si ponga fine a questa vergogna.

Insomma, con una speranza in meno e un anno di più, è passata un’altra estate. Un’estate in cui, come cantava Jannacci, l’importante è stato esagerare, sia nel bene sia nel male, senza mai farsi capire.

-Capisce dottoressa, ormai è da anni che andiamo avanti così…
-Certo, capisco.  Fanno cento euro. Prosegua la terapia; ci vediamo giovedì prossimo alla solita ora.



 


Niente di personale

Potrebbero non bastare novantadue minuti di risate per seppellire il profondo giudizio estetico maturato da chi, in evidente ricerca di visibilità, vorrebbe infiorettare lezioni sull’organizzazione turistica di Santa Teresa; le cui potenzialità non sarebbero evidenti a occhi, i nostri, troppo orgogliosi per essere colte.

Sia chiaro, questo non significa che il nostro comune non necessiti di consigli o suggerimenti, anzi, ben vengano nuove proposte; ma è pacifico che non tutti abbiano titolo in materia.

Così ho pensato dopo essermi imbattutto nel commento di un sedicente manager, frequentatore di Santa Teresa,  che  afferma – il suo profilo è pubblico – di voler esplorare ciò che non conosce e di amare chi rispetta.

Un principio nobile, per carità,  tuttavia stridente  con il tenore dei suoi giudizi, che di rispettoso hanno ben poco, anche perché suffragati da un campionario di metafore originali quanto le collezioni Louis Vuitton alla sagra del carciofo di Uri, padiglione Senegal.

Dire che “Santa Teresa Gallura è una bella donna che pensa di avercela solo lei, mentre invece ce l’hanno anche tutte  le altre, anche più bella”, caro amicoè una battuta vanziniana che già non faceva ridere negli anni ottanta, quando Jerry Calà infrangeva i cuori balneari, figuriamoci nell’era di Spinoza, Lercio, Twitter.

E ancora: affermare che a Santa Teresa “abbiamo un po’ di puzza sotto il naso per capire che unirsi e camminare insieme è l’unico modo per far fronte al turismo”, oltre a ricordare un verso di Umberto Tozzi, mi chiedo – ma parlo da ignorante – se sia l’approccio più opportuno per chi, da vicepresidente di un’associazione che vorrebbe migliorare l’offerta turistica, anela a un’interlocuzione o una collaborazione con la filiera imprenditoriale.  Un ruolo che – mi è giunta voce –  ha già avuto in passato, curando per il comune la realizzazione di una brochure onestamente brutta, dispendiosa e non immune da refusi storici.

Essendo questi vicepresidente, sarei curioso di sapere in quale misura questi giudizi siano condivisi da associati e affiliati.

Rappresentare il paese che si vorrebbe valorizzare come un verminaio di  persone recalcitranti, che non conoscono il valore della cooperazione, logorate da gelosie e bassi personalismi, non solo offende un’intera comunità, danneggiandola, ma è ingeneroso nei confronti di chi lo ha accolto.

E’ vero che a Santa Teresa urge un miglioramento dell’offerta turistica, un suo potenziamento,  ma non si può negare  che negli ultimi anni, attraverso associazioni culturali e cooperative sociali,  qualche segnale incoraggiante sia arrivato. Penso alle fiorenti rassegne enogastronomiche, musicali e fotografiche nate sotto il marchio di ControEvento;  alla valorizzazione didattica e archeologica che le ragazze di Cooltour Gallura hanno realizzato con la torre spagnola e Lu Brandali. E chissà che un giorno gli itinerari  escursionistici non  riesumano anche il castello di Eleonora d’Arborea.

In via retorica, chiedo: perché la proposta di un nuovo progetto deve prevedere questa profilassi, spingendosi finanche all’offesa? E’ un passaggio ineludibile? Siamo sicuri che sia Santa Teresa a dover uscire dal coma della superiorità, a doversi spogliare della veste di presunzione, a doversi calare in quella dell’umiltà?  Per ora io vedo molta autoreferenza. Troppa.

A tratti ho l’impressione che il paese viva una maledizione, come se dovesse espiare la colpa di avere un bel mare. Non si spiega altrimenti perché, superato il meridiano di la ultata, chiunque si senta in dovere di elargire insegnamenti o destarci da questa forma di anestesia percettiva da innamoramento.

Ma va anche detto che se la circostanza da un lato è sgradevole, dall’altro, contribuisce alle fortune di una sontuosa aneddotica, transitando dall’indomita figura de lu speltu alla decaduta autorità del passante in onore del quale,  come in un romanzo di Benni, zia Ina mise a tacere il Bar dello Sport.

Niente di personale.


Qualcuno volò sul nido del Turturro

Ora che la vedovanza turistica ha sciolto il velo del lutto, librandosi generosa in un’ orgia luciferina, già scorre nella campagna di settembre l’odore acre dei meriti, che i duellanti si contenderanno in un’ordalia dal sapore medievale.

Insinuandosi negli spazi trascurati dal romanticismo casereccio di Antonio Banderas, cercheranno di convogliare acqua ai rispettivi mulini, ergendosi  a Gran Mogol della stagione. Una stagione che possiamo sintetizzare in quattro variabili.

Variabile Isis: accredita il ridestato incremento del flusso turistico non tanto a una maggiore intraprendenza imprenditoriale o alla promozione di politiche più strutturate, ma alla tensione terroristica che da tempo imperversa nei paesi nordafricani.

I fatti di sangue sono stati rivendicati dall’Isis, ma solo la cameriera politologa di un bar di Santa Teresa custodisce la verità. “Perché, siete veramente convinti che sia stata l’Isis?”, ci ha detto ridendo sotto i baffi.  Che ingenui noi! Ovviamente sono informazioni delicate e non ci ha rivelato i veri esecutori (mica stupida la tipa); ma tranquilli, non è l’Isis. L’ha detto lei. Non capisco perché fra una cameriera di vent’anni e il segretario di stato americano o il ministro degli esteri francese dovrei dare credito agli ultimi due.
In ogni caso, questi eventi – di presunta matrice islamica – hanno dirottato verso la sardegna un turismo del quale si serbava memoria nelle testimonianze nostalgiche  dei padri

Diciamo che la paura ha prevalso sul risparmio, e il turista alle granate ha preferito le granite; benché queste ultime, dottrinalmente ostili al fisco, non si rivelino meno dannose sotto altri profili.

Variabile Bacchiddu: dal nome della giornalista Paola Bacchiddu, la quale denunciando un diffuso malcostume, quello del doppio binario (residente – non residente) nelle tariffe applicate da alcune attività, ha commesso l’imprudenza di nerbare un unico locale, marchiato con la lettera scarlatta P di prezzo.

Le reazioni della comunità teresina, che non sono state propriamente sobrie, hanno suscitato l’interesse dell’Antonio Luna Institute di Bristol, il cui studio, pubblicato dall’autorevole rivista scientifica le offertissime di acqua & sapone, ha dimostrato da parte dei teresini una pervicace impermeabilità alla critica. Queste le conclusioni dello studio:

“L’esperimento ha dimostrato che una critica feroce pubblicata da un teresino, anche se non condivisa, viene comunque accolta con interesse, a tratti declinata nell’elogio. Un atteggiamento che  vira repentinamente quanto la polemica è scatenata dall’esterno.”

“Nella precaria ostentazione di un’unità evanescente, la comunità  rivendica il controverso diritto all’esercizio esclusivo della critica, affermando viepiù l’atavico istinto a cannibalizzarsi, ma solo tra le mura domestiche.”

Questa deduzione – secondo il gruppo di studio – spiega anche la veemenza di alcune reazioni, eredi di una radicata scuola di pensiero ostile al turismo, che talora inficia le elementari norme della buona accoglienza. Detto questo, non si può certo negare che dall’altra parte del fiume spesso si manifestano entità capaci di annicchilire la degna reputazione di tutte le altre persone, e che indurrebbero all’imprecazione anche un gesuita.

Tornando all’affaire Bacchiddu – Mediterraneo, ponderando la risonanza mediatica della polemica, che di fatto ha coinvolto l’immagine dell’intero paese, ho trovato imbarazzante il silenzio dell’amministrazione. Un segnale, favorevole o contrario che fosse, era legittimo aspettarselo.

Variabile Turturro: dal nome della star hollywoodiana John Turturro, sul cui nido qualcuno volò. La presenza dell’attore ha destato stupore e ammirazione. La cittadinanza lo ha avvicinato e acclamato, e  non prima del rituale “e chissu cal’è?” non si è lasciata sfuggire  l’occasione di una foto ricordo, immantinente ostentata con gli amici del bar.

[conversazione tipo nei giorni della sua permanenza a Santa Teresa]

-Oh! ma hai intesu ca c’è a Lungoni?
-No!
-Turturro.
-E cal’è?
-John Turturro. E’ un attori di Hollywood.
-E chi film ha fattu?
-Eh! N’a fattu un be’! Aba’ nu la socu. Ma è un attori mannu…
-Ma lu cunnosci o nu lu cunnosci?
-No!

Variabile differenziata: complice la mancata pianificazione di una  transizione dal sistema di raccolta tradizionale a quello differenziato, la variabile esalta la nostra precaria sensibilità civica e ambientale. Il fenomeno, che si procrastina dall’istituzione del metodo, ha mestamente degradato le aree periferiche nelle quali i romantici del cassonetto continuano a riversare residui domestici e cantieristici.

Per una disamina più approfondita del fenomeno, segnalo: https://alessandromuntoni.wordpress.com/2015/08/25/er-monnezza/

Molte altre variabili vorticano nel girone indifferenziato della quotidianità, dove a iniziative lodevoli si accompagnano scelte dozzinali. Si è passati dall’innegabile miglioramento dell’offerta musicale e di intrattenimento  ai liquami traboccati per venti giorni nella centrale via Maria Teresa. Dalla  gestione certosina del verde pubblico all’indecente rovina dell’ Esit e della terrazza a esso prospiciente. Dall’apprezzato intervento di ristrutturazione delle scuole elementari alla proliferazione selvaggia del commercio ambulante. A proposito: anziché trasformare il paese in un bivacco circense, cosa c’è di eretico nell’individuazione di un’area da destinare alla realizzazione di un mercato civico?

Eppure è sull’estetica che dovremmo puntare le carte vincenti. Un paese bello suscita interesse, curiosità e consente di gettare uno sguardo oltre il mare, glorificando gli occhi di chi lo osserva.

Un paese come il nostro non può concedersi certe leggerezze. Se vuole realmente imporsi nel pantheon del turismo, deve investire sul bello, sull’armonia delle forme, sull’eleganza dell’arredo. Non può permettere che un furgone arruginito (foto) occupi stabilmente il suolo pubblico, ancorando alla rete di recinzione un osceno filo stendipanni. Nessuno pretende la magnificenza dell’architettura viennese, ma un accenno di buongusto sì.

Quando ho chiesto come Santa Teresa  potesse tollerare un simile degrado, mi è stato risposto: “lo so, è di un tipo che fa la bancarella.” Una giustificazione rispetto alla quale, perdonatemi, non ho saputo lesinare un cordiale esticazzi!


L'ESITmondezzaturbacchislamcamper

Il giorno dopo

Mentre un segmento del paese si divide sulla traduzione dialettale della parola faccia, il giorno dopo primomaggio in gallura è ancora solcato nei volti insonni e nelle occhiaie di quanti, sacrificando tempo e affetti, hanno redento Santa Teresa dall’atavica infamia dell’irresolutezza organizzativa.

La palingenesi dell’orgoglio teresino racconta anche questo; la costanza di seminatori pazienti che, giorno dopo giorno, andando controcorrente,  hanno raccolto una messe generosa con entusiasmo ma senza esaltazione,  perché da queste parti è scolpita la consapevolezza che librarsi da terra significa esporsi all’ambiguità del vento. Chi il giorno seguente ha transitato nei dintorni della piazza, non ha incontrato idoli adagiati sugli allori, ma ragazzi che sotto una prematura canicola estiva,  smontavano e caricavano strutture e allestimenti.

Prima di inebriarsi sotto i calici del successo, gli organizzatori hanno anticipato che in previsione delle future edizioni  qualche accorgimento dovrà essere adottato, ma anche i principianti sanno che se un fenomeno non viene monitorato dall’interno, nelle sue complessità anche burocratiche, è raro che un buon proposito si specchi nella perfezione.

Primavera in Gallura ammicca – come ovvio –  al modello di autunno in barbagia, ma l’osservazione di quanto altri mettono in pratica è cosa diversa dall’accudimento di una creatura propria. Anche la corte barbaricina, come il buon vino, si è strutturata con pazienza e nel corso degli anni,  in un circuito che annovera le vicine realtà territoriali. Un aspetto quest’ultimo che accresce la magnificenza dell’iniziativa  teresina, essendo PIG il solitario demiurgo delle proprie sorti.

E’ doveroso  rivolgere un pensiero alle  attività  e agli operatori che non potendo esprimere a pieno il loro potenziale,  hanno comunque manifestato sostegno e collaborazione, intuendo che stava accadendo qualcosa di importante. Anche l’inesperienza fa parte del gioco, rientra nella  fisiologia della novità.                                                                                Trovo invece inopportune certe isolate rivendicazioni, che non a caso sono state emarginate . Va anche detto che se di carenza si è trattato, essa è  stata percepita solo perché – essendo i contro[E]ventisti giovani che pensano in grande – la manifestazione si è protratta per due giorni, uno dei quali feriale. La giornata di venerdì primo maggio, invece,  ha rappresentato un autentico trionfo, tale  da adombrare – secondo l’autorevole commento di Tarcisio Pani, ministro dei rapporti con il campidano – gli sfarzi dell’ EXPO. Una responsabilità per la quale – seppur tardivamente – il comune di Santa Teresa ha presentato formali scuse al sindaco di Milano. Detto questo, tra gli insetti vietnamiti dell’esposizione universale meneghina   e la mazza frissa o i raviolini di Berchidda offerti dall’amata isola,  se permettete, continuo a prediligere le pietanze nostrane.

Invero, sotto questa nuova luce,  il paese ha ritrovato una vivacità che mancava da anni, cadenzata non  dai campanacci dei mammuthones ma dalla danza delle cozze saltate in padella e dall’incontro tintinnante dei calici. Suoni che a loro volta si fondevano con i profumi e i colori della natura.

E’ un’ associazione giovane,  ancora in fasce direi,  ma non per questo improvvisata;  ne sia prova la maturità con la quale ha respinto le farneticazioni di quanti volevano irregimentarla nella polemica elettorale, davvero troppo sterile e pretestuosa – la polemica – per germogliare in un corpo geneticamente impermeabile all’insinuazione. Bastava dedicare due minuti all’eterogenea composizione del gruppo, per notare che a parte i due  ritardari per eccellenza, i liocorni, per i quali è in approvazione il tesseramento,  sono rappresentate anime di ogni estrazione politica e sociale. L’anticorpo più efficace.

Questa è la cronaca della manifestazione, il mio personale punto di vista; il resto è pianto, emozione, paura, ma anche fiducia, per noi gente che del “PIG” non butta via niente.

[nota] Queste righe esprimono un personale punto vista, del quale rispondo in quanto individuo e malcelando un sincero orgoglio cittadino. Contemplando l’ipotesi che tali riflessioni possano contenere argomentazioni pregiudizievoli per L’associazione contro[E]vento, diffido chiunque a strumentalizzarle recando nocumento ad altri.

Un ultimo appunto: quando parlo di teresini, intendo anche coloro che pur provenendo da Milano, da Sassari, da Arzachena, da Berchidda o altre località, sono stati gelosamente adottati dal paese. Vi garantiamo asilo politico.