La beffa più grande che Simone Inzaghi abbia allestito dal suo approdo alla guida dell’Inter, parafrasando Keyser Söze ne I soliti sospetti, è stato convincere il mondo che lui non esistesse.

Non esisteva quando, immersa nell’amnio del recente passato, la Juventus richiamava al capezzale Massimiliano Allegri.

Non esisteva quando, per allineare i bilanci a più sostenibili parametri, la società lo esponeneva a dolorose cessioni: Lukaku, Brozovic, Skriniar, Perisic, Dzeko.

Non esisteva quando a ogni ridimensionamento corrispondeva, in misura inversamente proporzionale, il miglior rendimento della squadra e di giocatori fino a quel momento giudicati marginali, se non derisi.

Non esisteva quando il dibattito sportivo degenerava in livorose analisi sulle stabililità economica e manageriale dell’Inter; che in base alle accreditate valutazioni di sedicenti esperti di finanza, da almeno quattro anni, avrebbe dovuto portare i libri contabili in tribunale.

Un torrente di considerazioni che, ribaltate dalle recenti cronache, asseverano quanto la materia contabile non sia alla portata di tutta la comunità.

Da essa l’incauta ironia di chi farneticava che l’Inter non avrebbe dovuto essere iscritta al campionato per violazione delle norme FIGC e UEFA; salvo poi rilevare, con una pronuncia del Tribunale, che la squadra che concordava la falsa rinuncia agli stipendi per sistemare le sofferenze era un’altra.

Per completezza d’informazione, in quella fase storica, l’Inter onorò tutti gli stipendi, senza decurtazioni. Concordò uno slittamento di due mesi per far fronte ai mancati introiti generati dalla chiusura degli stadi.

Mentre il tumulto si consumava, serafico, il Demone assisteva al corso degli eventi; come il Prodi guzzantiano stazionava davanti al semaforo, fermo, immobile.

Nessuna voce lo turbava. Non le polemiche contingenti, non l’avanzata età del suo esercito, non la turibolazione pioliana, non le danzanti puttane televisive, non le guardie e i ladri, non i cavalli.

Fermo, paziente, sotto la l’aura mistica della seconda stella.

«Questa notte splendida darà i colori al nostro stemma: il nero e l’azzurro sullo sfondo d’oro delle stelle. Si chiamerà Internazionale, perché noi siamo fratelli del mondo.»


copertina: Alberto Mariani – Creative Designer



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