L’arte della difesa

E’ davvero istrionica e mai banale la scelta comunicativa di Massimiliano Allegri, l’allenatore più pagato della serie A, con il monte ingaggi più costoso della serie A, artefice di vittorie eclatanti e cadute rovinose.

Un impegno logorante, il suo, che assistendo all’indebolimento di consolidati meccanismi feudali, scaltro sposta sugli antagonisti la paura e l’onta del fallimento.

Un’erudita esibizione di numeri, statistiche, ricorsi storici, esaurisce un prontuario barocco e ridondante nel quale, anche fuori dal terreno di gioco, si perpetua l’arte della difesa.

Come se la miliardaria dote per lui investita fosse un mero valore accademico. Come se l’ambizione della proprietà culminasse nel riscatto sociale di speranzosi atleti ai quali nulla si può pretendere.

E allora, parola alla difesa.


L’attacco fa vincere le partite, ma la difesa i campionati. [John Madden]


  1. Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?

  2. Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.

  3. Un partigiano come Presidente, forse il popolo non se l’è meritato…ma nemmeno Toto Cuttugno.

La Putin Doll

La Putin Doll è una linea di bambole tutte simili, interscambiabili negli abiti e nei ruoli, commercializzata da Mattel Corporation  e ideata sul modello di una partigiana filorussa. Con accessori vendibili separatamente, è – secondo le contingenze – interscambiale con tratti identitari della politica filopalestinese, filoiraniana, filosiriana. Per venire incontro alla clientela più esigente, non ha…

Rutti

Abituati come siamo a esaltare l’autoreferenza di frettolosi interpreti digitali, abbiamo a tal punto smarrito la misura dell’arte da licenziare come stolto egocentrico uno dei più abili e corrosivi autori presenti sulla scena italiana. Autore di composizioni sopraffine e di scazzi memorabili, ha da solo nobilitato l’ultimo concerto del Primo maggio lanciando strali contro la…

Sabato antifascista

All’apparenza sembrava un sabato qualunque, di quelli che già profumano di domenica, di sveglie ritardate, di pigrizia pomeridiana. Ma non per tutti. Per Benito era il primo sabato antifascista. Così, dopo essersi lui medesimo dichiarato antifascista, Benito, alleggerito dalle funzioni corporali, si recò in cucina, accese i fornelli e avviò la preparazione del caffè dosato…

Elogio degli stronzi

È nella natura delle cose, dell’animo umano. Il rispetto dell’avversario, il mutuo conforto, sono sentimenti umanamente nobili, ma sembrano albergare più nella letteratura che nello stanco incedere dell’esistenza.

Pochi rudimenti di civiltà calcistica, di appassionata aderenza a una fede, spiegano la profonda distanza che separa il tifo e la sportività. Un allineamento che si realizza, quando si realizza, per errore o per calcolo.

La pubblica esaltazione della grammatica sportiva, l’onorato valore dell’avversario, sono igienicamente decorosi, pedagogici, ma velati d’ipocrisia.

Solo in due circostanze il tifoso tributa gli onori all’antagonista: quando la sconfitta è tanto umiliante da ritenere la sua squadra meritevole di un ulteriore sfregio; quando – incoraggiato da sospirate fantasie sessuali – nutre il proposito di ingraziarsi qualcuno.

Non irretiscano pertanto le ambigue trame del perbenismo. Il tifo non è la comunione domenicale, l’eucaristia che in un solo corpo fonde istinto e sentimento sportivo; il tifo – parafrasando Rino Formica – è sangue e merda, è l’angelo ripudiato che disvela all’uomo la sua natura.

Questo è il tifo. Una bestia che sadica tormenta le carni, banchetta sulle viscere, profana il corpo e gli umori. Sulle tribune il pudore non ha cittadinanza;  poco importa se la vittoria arriva con merito. Anzi, la vittoria saccheggiata, il furto, conferisce un godimento ancora maggiore.

L’imperativo è vincere, il  fine giustifica sempre i mezzi. Il sogno erotico del tifoso medio non è una vittoria pulita, senza sbavature. Il suo sogno erotico è una vittoria all’ultimo minuto ottenuta con un calcio di rigore inesistente.

E’ lo stadio, è la legge dell’arena. Non necessariamente intesa come impianto architettonico che cinge il campo da gioco, ma anche in scala minore, quando le comunità si dispongono davanti al televisore.

Due le fazioni ammesse, massimo tre. La terza, culturalmente più interessante, è quella dei vincitori per procura, i subalterni, gli inferiori ai quali gli dei ha inibito  la speranza.

Popolano un vituperato cerchio dantesco, inviso per la capacità che hanno di trarre dall’altrui sventura gioie a volte superiori a quelle dei propri successi. Come certi avvinazzati che brindano alla  separazione di donne alle quali, comunque vada,  il culo non lo toccheranno mai.

Di rara ammissione, la militanza per procura è molto presente nello sport; nel calcio è quasi una regola. E’ l’ultimo fendente inflitto alla carne martoriata dello sconfitto.

La notte di Berlino, Cardiff, il calcio di rigore allo scadere per il Real Madrid, Chiellini che insinua la corruzione dell’arbitro, il bidone dell’immondizia di Buffon, a distanza di anni, ancora esaltano.

Altrui esaltazione che l’interista – e in egual misura il tifoso del Bari – dovrà subire e tollerare dopo la sconfitta a Istambul.

Una precisazione va tuttavia accolta: se nei calcoli del Bari, e dei suoi sostenitori, i novanta minuti col Cagliari – spareggio per la promozione in Serie A – dovevano rappresentare una mera formalità, non si può dire altrettanto dell’Inter, alla quale pallide Cassandre avevano profetizzato l’umiliazione.

L’Inter è stata sconfitta, non umiliata. Lo dice il risultato, lo raccontano gli eventi.

Un fiero atteggiamento che – abituata com’era l’Italia alla teatralità di un recente passato – non lenisce il dispiacere ma depotenzia le provocazioni di chi magnificando i riti della savana,  perorava crepuscolari solennità patriottiche.

Siate allora stronzi fino in fondo, con fierezza, che esserlo fino a metà non vi rende migliori degli altri.

Hay coincidencias!

Nel 2023 il percorso europeo dell’Inter è stato di 7 vittorie, 3 pareggi, 2 sconfitte. Come nel 2010.

Quest’anno l’Everton si è salvato per la terza volta nella sua storia. Nelle precedenti due occasioni, il 1994 e il 1998, sapete chi vinse la Coppa Uefa?

Nel 2023 l’Inter ha perso 3-1 con una squadra del sud Italia in prossimità di una partita di Champion’s e con un’espulsione. Come nel 2010.

Nel 2010 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato terminata la pandemia di influenza H1N1. Il 5 maggio 2023 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato ufficialmente la fine dell’emergenza Covid-19.

Simone Inzaghi prima della finale di Champion’s ha vinto quattro trofei in due anni. Mourinho prima della finale di Champion’s aveva vinto quattro trofei in due anni.

Nel 2010 una forte scossa di terremoto ha colpito la Turchia. Lunedì 6 febbraio 2023, sempre in Turchia, un forte terremoto ha devastato ampie zone del paese.

Nel 2010 la Coppa Italia è stata decisa da un giocatore argentino contro una squadra di centro Italia con un gol di scarto. Come nel 2023.

Simone Inzaghi ha 47 anni. Josè Mourinho nel 2010 aveva 47 anni.

L’anno prima di vincere la Champion’s Lague, l’Inter era stata eliminata agli ottavi da una squadra inglese che poi ha perso la finale contro una spagnola. Come lo scorso anno.

Quest’anno l’Aston Villa si è qualificata per l’Europa. L’ultima volta accadde nella stagione 2009/10.

Il Milan non batteva la Juventus nelle gare di andata e ritorno dal 2010.

Il Milan, in tutta la sua storia, ha giocato 14 semifinali di Champion’s League perdendone solo 3: Real nel ’56, Barcellona nel 2006, Inter nel 2023. Real e Barcellona, poi, alzarono il trofeo.

Nella stagione 2009-2010 la Juventus uscì dall’Europa League dopo essere arrivata terza ai gironi di Champion’s. Con il Maccabi Haifa.

Nel 2010 l’Etna fu interessato da un’ intensa attività eruttiva. L’ultima attività vulcanica è del maggio 2023.

Come nel 2010 l’Inter aveva un camerunense in squadra.

Lautaro (stagione 2022-23) e Milito (stagione 2009-10) hanno entrambi fatto il loro 21°simo gol in campionato nella 37ma Giornata.

Il Liverpool nel 2016 ha perso la finale di europa league con il siviglia subendo tre reti.
Tre anni dopo, nel 2019, ha vinto la champions league. Quale altra squadra ha perso una finale di europa league subendo tre reti contro il Siviglia e tre anni dopo si gioca la finale di champions?

L’Inter, come nel 2010, giocherà la finale con la maglia nerazzurra.

Para el que necesita coincidenza, hay coincidencias!
Para el que cree en el equipo, hay equipo
!

Esperemos que no sea un Calippo!

(R) copertina di Rupertgraphic


  1. Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?

  2. Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.

  3. Un partigiano come Presidente, forse il popolo non se l’è meritato…ma nemmeno Toto Cuttugno.

Il demone

La beffa più grande che Simone Inzaghi abbia allestito dal suo approdo alla guida dell’Inter, parafrasando Keyser Söze ne I soliti sospetti, è stato convincere il mondo che lui non esistesse. Non esisteva quando, immersa nell’amnio del recente passato, la Juventus richiamava al capezzale Massimiliano Allegri. Non esisteva quando, per allineare i bilanci a più sostenibili…

La ruota

**** C’era una ruota molto carina Scendendo al porto, giù alla marinaNon si poteva salirci dentroQuando ostinato soffiava il vento Non si poteva vedere nienteIn quella zona non c’era gente Non si poteva fare pipìIl depuratore era già lì Ma era bella, bella davveroMeglio di quelle di Olbia e di AlgheroMa era bella, bella davveroE…

EST

Compulsando i diari dei viaggiatori, nella programmazione della nuova meta, mi è rimasto impresso il commento di una ragazza che, in termini esperienziali, affermava che la Romania non le aveva lasciato nulla. Un commento netto, algido, prossimo all’indifferenza. Sarà la mia passione per i paesi dell’est Europa, la ferita portata a quelle terre dalla spietatezza…

La quantistica inzaghiana

Nessuna esperienza più dell’ultima stagione di Simone Inzaghi sulla panchina dell’Inter, capace di cadute rovinose e risalite prodigiose, può meglio rappresentare la caducità, il principio di incertezza della fisica quantistica.

Gloria e tragedia sospese sulla linea del destino.

Come il gatto di Schrödinger, esposto al caso, all’arbitrio del veleno, Simone Inzaghi è contemporaneamente vivo e morto, trionfante e fallito, sull’altare e sul patibolo.

Fintanto che la scatola rimarrà chiusa, in un fluttuante non stato esistenziale, tra la gloria dei padri e l’infamia dei vermi,  attende tremante  che la sorte si compia.

Viva l’Inter! Viva Inzaghi!


  1. Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?

  2. Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.

  3. Un partigiano come Presidente, forse il popolo non se l’è meritato…ma nemmeno Toto Cuttugno.

Fronte del talco

Sulla cima della torre c’è una magica cittàAbitanti e comitati già se stanno a dissocia’C’è una lieve fuoriuscita che ancora Ernia non èÈ scurrile e un po’ malsana e si cura con il rap Al Don, al Don non piace saiParlan di droghe di soldi e di guaiDi anfetamina, di orge e di gay, sei,…

Ti faccio nero

Sarò perentorio: secondo me Acerbi – che non è un razzista – quelle parole le ha dette, e anche se nessuna prova può documentarlo, ha commesso una stupidaggine. Una stupidaggine perché è anche a lui nota la sensibilità, solo cosmetica, con la quale l’opinione pubblica si pone rispetto al tema del razzismo e alle frequenti…

Cioccolato e Cremlino

E’ tempo di alzare bandiera bianca. Le ultime mosse da scacchista di Putin hanno improvvisamente rivelato le difficoltà dell’occidente e ridisegnato gli equilibri in seno all’Alleanza Atlantica. L’annunciata partenza di Pupo alla volta di Mosca, la scelta di andare in trincea, la promessa di un nuovo contributo al dialogo tra fratelli russi e fratelli ucraini,…

Bar Torino

Al Bar Torino, storico ritrovo per alcolisti al civico 38 di via Allegri, a pochi passi dal Palazzo di Giustizia, non c’è la Luisona. Al Bar Torino non puoi affezionarti alle vetrine come nei bar di provincia, dove gli avventori instaurano un rapporto quasi familiare con l’arredo.

Al Bar Torino funziona diversamente perché è tutto effimero. E’ effimera l’insegna, è effimera la vetrina, è effimero il numero civico. Benché il Comune gli abbia assegnato il numero 36, sul muro – per l’ira del postino e dell’ufficiale che continua a consegnare gli atti giudiziari al destinatario sbagliato – ancora campeggia il numero 38.

Al bancone si avvicendano Fabio, detto il temerario, e Andrea. Anche se in verità Fabio gestisce altri Bar a Genova, Bergamo, Sassuolo, Udine. La peculiarità del Bar Torino è il listino, che prevede tre sole consumazioni: il caffè normale, il caffè corretto, il caffè dei campioni.

Il caffè dei campioni, per la cui miscela Fabio e Andrea hanno fatto grandi investimenti, non ha però riscosso il successo previsto. Un azzardo tuttavia compensato dai tanti caffè corretti degli ultimi tre anni.

Da tempo immemore, il Bar Torino si contende la piazza con tre locali antagonisti: il Bar dei Giudici , il Bar della Borsa, il Gran Caffè Herrera. Caffè – quest’ultimo – che ogni anno richiama centinaia di visitatori da tutta Italia per ammirare la famosa urna di cartone. Un reliquiario nel quale è conservato ancora nella tazzina il miglior caffè del duemilasei. Un caffè robusto ma dal basso coefficiente di digeribilità.

Ogni bar ha una sua venerazione. Anche il Bar Torino. Ma, come si diceva, al Bar Torino è tutto effimero. Anche i santi. Per un periodo hanno adorato San Cristiano da Madeira, un umile frate francescano venuto dal Portogallo. Di San Cristiano il garzone del giornalaio raccontava che rinunciando ai suoi agi fosse sceso in mezzo al popolo, gravandosi dei problemi degli uomini e facendosi padre della normalità.

Questo fino a quando si è scoperto che Cristiano non solo non era un santo, non solo non aveva rinunciato ai suoi agi, non solo non era sceso in mezzo al popolo, ma aveva addirittura preteso un generoso emolumento per tacere la contabilizzazione di una fittizia partita di caffè. La delusione aveva diffuso un tale scoramento che Fabio e Andrea avevano confessato – unica loro confessione – di non sapere più a che santo votarsi.

Anche il Bar dei Giudici ha il suo santo: San Boemo da Foggia, protettore dei fumatori. San Boemo, che intorno all’anno 2006 d.C. fu accusato di blasfemia dal sinedrio e condannato alla lapidazione, si festeggia il 25 luglio.

Disinteressato al sentimento religioso è invece il Bar della Borsa. Fabrizio, il proprietario, non è mai stato un credente. Pur avendo i titoli per ingegnarsi altrove, senza votarsi a santi e madonne, ogni mattina, di buonora, si leva e va al mercato. Fa scorte su scorte di agrumi, di arance in particolare, che fornisce anche agli altri locali.

Al Bar Torino in particolare.


P.s. Chiedo scusa a Stefano Benni.



Classificazione: 1 su 5.
  1. Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?

  2. Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.

  3. Un partigiano come Presidente, forse il popolo non se l’è meritato…ma nemmeno Toto Cuttugno.

la lotta amata

Se il sonno della ragione genera mostri, cade in queste ore opportuno il caso di Donatella Di Cesare, filosofa e discussa editorialista della vivace agorà d’Italia. Espressione di una linea intellettuale riuscita nell’impresa di rendere ostile la sinistra anche a chi alla sinistra si sente idealmente affine, Donatella Di Cesare balza agli onori per il…

Non è un giorno da dimenticare

Sono le ore 00:59, un folto assiepamento di giornalisti e simpatizzanti accoglie Alessandra Todde, nuova presidente della regione Sardegna. Un banchetto frettolosamente allestito davanti alla sede raccoglie le sue prime dichiarazioni. Doveva essere un normale scrutinio elettorale, di quelli che a metà pomeriggio la gente s’incontra al bar e si prende per il culo imputandosi…

Rombo di Todde

La spedizione di Todde sarà ricordata come uno degli episodi cruciali della campagna elettorale sarda. Partita nella notte tra il 18 e il 19 di febbraio dall’agro del campo largo, Todde sembra muoversi con il preordinato scopo di rovesciare il governo fascista e appoggiare le rivolte scoppiate nell’isola. Turbata dalla voce tonante e imperiosa e dal…

Il motivatore

In un tempo in cui si riabilitano figure d’ogni forgia, non sorprende la rinnovata edulcorazione di Zlatan Ibrahimović, calciatore sensazionale, personaggio discreto, uomo discutibile.

Se il suo discorso motivazionale, patetica imitazione del monologo di Al Pacino in ‘ogni maledetta domenica‘, contribuisce ad arricchirne la narrazione cavalleresca, poco aggiunge all’uomo. Alla sua natura.

Ogni maledetta domenica si vince o si perde, ma resta da vedere se si vince o si perde da uomini.

E qui dell’uomo c’è onestamente poco; un leaderismo d’accatto fine a se stesso, buono per l’esaltazione di onanisti compulsivi o la coltivazione di miti dozzinali.

Un’ostentazione del culto già naufragata in un memorabile Juventus -Messina, quando Carmine Coppola da Pollena Trocchia, eroe del risorgimento meridionale, restituì lo svedese al rude calcio di periferia afferrandolo per il collo e legandolo sul dorso di un asino.

***

Perché nel cervello di un coglione il pensiero faccia un giro, bisogna che gli capitino un sacco di cose. [Louis-Ferdinand Céline]


  1. Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?

  2. Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.

  3. Un partigiano come Presidente, forse il popolo non se l’è meritato…ma nemmeno Toto Cuttugno.

Scrittori e Pandori [calendario Duemila23]

La cattura e la morte di Matteo Messina Denaro, l’intelligenza artificiale, il complottismo di Red Ronnie, i Generali scrittori, il pandoro di Ferragni. Per la portata del fenomeno e le sue incognite, l’intelligenza artificiale reclama e si aggiudica la copertina dell’anno. Un congegno aberrante o una nuova opportunità? GENNAIO [16 GENNAIO] ‘U siccuDopo trent’anni di…

Befañez

I dettagli sono ancora in via di definizione, ma è una questione di ore: quest’anno Babbo Natale dismetterà il tradizionale abito rosso e i rubicondi tratti iconografici per esibire una più sobria casacca di colore grigio: un pregiato capo del brand Laneus, che ridefinisce nello stile e nei colori l’imminente atmosfera natalizia. Una linea più…

L’arte della difesa

E’ davvero istrionica e mai banale la scelta comunicativa di Massimiliano Allegri, l’allenatore più pagato della serie A, con il monte ingaggi più costoso della serie A, artefice di vittorie eclatanti e cadute rovinose. Un impegno logorante, il suo, che assistendo all’indebolimento di consolidati meccanismi feudali, scaltro sposta sugli antagonisti la paura e l’onta del…

CR Serpe

La scenografica uscita di Ronaldo, da qualche ora rifugiato nella plumbea Manchester, ha inaugurato un surreale dibattito sull’agiografia del campione portoghese, imponendo, in chiave critica, una repentina inversione della linea editoriale. Una sorta di incubatrice involutiva in cui il dio si fa uomo, l’eroe si fa mercenario, la carne torna polvere.

Se fino a una settimana fa Ronaldo era il valore aggiunto della Juventus e della Serie A, il mero sussurro di un possibile suo trasferimento lo ha presto plasmato in zavorra, un ingrato che ha elargito meno di quanto ha ricevuto, vittima del suo personaggio e di un procuratore in volo nei cieli d’Europa alla ricerca dell’ultimo clamoroso affare.

Eppure ce la stavano descrivendo in modo diverso, pagine spese a raccontare quanto la Juventus fosse attrattiva, quanto il marchio bianconero avesse influenzato la scelta dell’atleta e della sua industria, ragionevolmente interessata più alle pendenze col fisco che a nuove prospettive professionali.

Introdotti da declamazioni fanfaresche, si ergevano con ritualità liturgica approfondimenti sul tono muscolare di almeno dieci anni più giovane, sulle marziane doti atletiche, l’elevazione, il taglio dei capelli, il parco macchine, le abitudini domestiche, il jet privato, il gatto, il candore dei suoi denti, l’innovativa e moderna collezione di biancheria intima.

Una ginnastica linguale educata ma dimentica della contrazione che l’investimento ha recato all’equilibrio finanziario e alla competitività della società. Fattore che anche i cronisti più apostolici, impegnati com’erano a indagare la contabilità interista, abiurando all’ordine religioso, hanno pudicamente segnalato. Nessun rilievo era stato dapprima contestato alla gestione Agnelli.

Una clamorosa ammissione di inadeguatezza, evidenza del declino nel quale il giornalismo sportivo è da tempo naufragato, che ha raggiunto l’acme, a Mediaset, nei settimanali collegamenti con un signore cinese connesso dal sottoscala di una remota contrada d’oriente.

Nel frattempo, anche se per una sola squadra si è parlato di ridimensionamento, ieri si è conclusa la sessione estiva di mercato: è partito Ronaldo, è partito Lukaku, è partito Hakimi, è partito Donnarumma, è partito De Paul, Paolo VI non c’è più, è morto Berlinguer, qualcuno ha il Covid, qualcuno il PRE, qualcuno è POST senza essere mai stato niente.

Grazzie a tutti.



Classificazione: 4 su 5.
  1. Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?

  2. Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.

  3. Un partigiano come Presidente, forse il popolo non se l’è meritato…ma nemmeno Toto Cuttugno.

La medicina totale

Un giorno, la signora che fa le pulizie al poliambulatorio, presidio sanitario del paese, costruito da uno degli architetti più importanti dell’architettura totale gallurese dell’epoca, scrive una lettera e la indirizza all’Assessore Regionale e al Direttore Generale della ASL della Gallura. Tra le pagine della lettera inserisce una foto. Signori, lo vedete questo ragazzo che…

Il tacco Bianco

C’è qualcosa di calviniano nelle città della Puglia, nel bianco lucente che resiste al tempo e alle contaminazioni. E’ bianca Altamura, terra di frontiera tra Puglia e Basilicata, teatro di una vivace contesa con la città di Matera sull’arte del pane. E’ bianca Ostuni, dove dimesse insegne novembrine richiamano la memoria di un’estate felice. E’…

Ogni volta

Ogni volta che esortiamo a non dare importanzaOgni volta che ci rifiutiamo di comprendere uno stato emotivoOgni volta che incoraggiamo imprese impossibiliOgni volta che ci sentiamo invincibiliOgni volta che diciamo: “fregatene!”Ogni volta che umiliamo gli sconfittiOgni volta che facciamo pressione psicologicaOgni volta che deridiamo chi soffre per amoreOgni volta che: “l’hai visto quello?”Ogni volta che…

Un’emozione da poco

C’è più dignità nel cinismo contabile di Mino Raiola, nella sua sfrontata imprenditorialità, che nell’addio di Romelu Lukaku all’Inter, nel cui saluto si addensa la consumata retorica dell’uomo muscolare.

A poco serve l’esaltazione maschia, il culto del fisico, se fuori dal duello quella parvente personalità viene meno. Ha preferito l’assenza, il silenzio, culminato in una fuga cinematografica, portato in salvo dal tetto dell’ambasciata pastorelliana, con la promessa di un messaggio e la speranza di recuperare un residuo di decenza.

Congedo che, beninteso, non lede la professionalità del calciatore, le prestazioni che ne hanno esaltato l’icona e il ruolo; ma non si è atleti fino in fondo se non si è prima uomini.

Se le motivazioni, come ha scritto, erano di tipo sentimentale, i tifosi, superato il moto d’inquietudine, avrebbero compreso. Avrebbero forse accolto anche le ragioni economiche. Abbiamo tutti consapevolezza che l’industria del calcio è al collasso, le società italiane non hanno i mezzi per duellare con oligarchi russi o proprietà arabe. Qui si vive alla giornata, i prezzi e le opportunità li decide il mercato. Se a Parigi si allestiscono squadre faraoniche, nel Belpaese non bastano quattro mesi di mediazione per il prestito biennale di Manuel Locatelli.

Comprensibili allora le motivazioni sportive, non essendo l’Inter equipaggiata per ambizioni più nobili; comprensibili le ragioni finanziarie, a Londra percepirà il doppio di quanto percepiva all’Inter; comprensibili i richiami ancestrali, tuttavia stonanti con il tempo in cui al Chelsea di Antonio Conte preferì il più titolato Manchester City. Incomprensibile è il comportamento delle ultime ore.

Perché ingannare la tifoseria ostentando amore alla città e alla squadra? Perché annuire ambiguamente alle richieste di fedeltà? Perché recitare la farsa del Salvatore mentre il procuratore trattava il trasferimento con altre società?

E’ arrivato a Milano tra lo scetticismo generale, tra le perplessità di chi riteneva che la valutazione non fosse incoraggiata da talenti specifici; se n’è andato nel peggiore dei modi, da codardo, come certi invitati che alle feste scorreggiano e si allontanano dal ballo.


Classificazione: 1 su 5.
  1. Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?

  2. Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.

  3. Un partigiano come Presidente, forse il popolo non se l’è meritato…ma nemmeno Toto Cuttugno.

Senza Peso

E’ un ibrido tra Mal dei Primitive e Mork della serie Tv Mork e Mindy, nato a Buenos Aires, anarco-capitalista, da poche ore è il nuovo presidente dell’Argentina. E’ Javier Milei. Sguardo da folle, capelli arruffati, occhi spiritati, Milei irrompe nei comizi agitando istericamente una motosega, simbolo dei tagli alla casta, insultando i giornalisti e…

La scala di Bristol

Dopo la diffusione dello scherzo telefonico con il quale Giorgia Meloni è stata circuita da un comico spacciatosi per il Presidente della Commissione dell’Unione Africana, brilla la stella di Mario Sechi, ex portavoce della Presidente. Elevando lo scherzo al rango di operazione di raffinatissima disinformatia dei Servizi Segreti Russi, di prova volta a indebolire l’immagine della…

Ballata del Giambruno

Questa è la vera storia del Giambrunoovverosia il cicisbeo presidenziale Una storia traumaturga e noir. Il Giambruno si innamoròPerdutamente e sessualmente di un’avvenente collega Ma scoprì che invece era una serpe, che dico serpe, un Riccio travestito da collega,E da questa unione nacque una creatura e la chiamarono Pietra.Ma una perfida gocciolina Subentrò nell’innaturale famiglia e…

Italians do it better

Domenica pomeriggio, mentre orde di tifosi festanti affollavano le strade londinesi all’assalto del nulla, un perplesso commentatore italiano ha scritto: La differenza più grande tra il tifo inglese e quello italiano è la scaramanzia: in Inghilterra è tutto un “vai che vinciamo” e “it’s coming home“. Se uno andasse in un bar italiano a dire “vai che vinciamo“, con una mano si toccano e con l’altra lo menano.

I sudditi di Sua Maestà la regina invece, dall’alto della superiorità loro calata da ‘stocazzo, hanno preferito esagerare trasformando l’attesa in uno sciagurato carosello di cori, bevute, fumogeni; uno dei quali profeticamente infilato nel culo.

Hanno sbagliato tutto quel che si poteva sbagliare, non solo sul campo. Hanno fischiato l’inno italiano, hanno rifiutato la medaglia del secondo posto, hanno abbandonato lo stadio prima della premiazione, hanno insultato con epiteti razzisti, confermando la solidarietà cosmetica del Black Live Matter, i tre giocatori di pelle nera che hanno sbagliato il calcio di rigore. Lo stesso Principe William, abiurando la buona educazione ancor prima che i protocolli istituzionali, non si è congratulato con il Presidente della Repubblica.

Inglorioso finale per chi, in una partita tutto sommato modesta, dopo il vantaggio iniziale, aveva coltivato l’illusione della vittoria. Dettaglio che tuttavia non deprime il romanticismo del trionfo, tanto più per una nazione, l’Italia, che non partiva con i favori del pronostico.

Romanticismo che a fine partita si trasfigura nel commosso abbraccio tra Roberto Mancini e Gianluca Vialli, nella fierezza di Giorgio Chiellini, nel pianto nervoso di Bernardeschi, nell’esuberanza di Florenzi, nella telefonata di Chiesa alla mamma, nella malasorte di Spinazzola, portato in trionfo con le stampelle da De Rossi.

Una vertigine di emozioni, di gesti normali che restituiscono quei ragazzi alla loro età, sciogliendo il coagulo retorico e di invidia sociale che ne colpevolizza la fortuna.

L’ultimo scatto è per l’eroe della partita, Gianluigi Donnarumma, il portiere, che dopo aver parato il rigore decisivo, come se niente fosse, s’incammina fuori dall’area, ignaro di essere appena diventato campione d’Europa.

Uligano, don’t say cat if the cat not is in the sac!


Gli italiani perdono le guerre come fossero partite di calcio, e perdono le partite di calcio come fossero guerre. [Winston Churchill]


Classificazione: 1 su 5.
  1. Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?

  2. Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.

  3. Un partigiano come Presidente, forse il popolo non se l’è meritato…ma nemmeno Toto Cuttugno.

Paraculopatici

Che sul campionato di calcio tirasse una brutta aria, lo si era intuito dal cognome del principale indagato. Che la categoria dei calciatori non brillasse per sobrietà e acume non sorprende. Che Fabrizio Corona si alimentasse di scandali e indignazione popolare, più che palese era scientifico. In attesa che l’inchiesta riveli nuovi profili, che le…

La tregua amata

Se per comprendere un fenomeno sono essenziali intuito e osservazione critica, sovente oscurati da verità sartoriali, la radicalizzazione della crisi israelo-palestinese, sembra deporre più a favore dei teorici da bar che di esimi analisti. Ne deriva che ogni profuso sforzo interpretativo, evocando i motti del passato, più che difficile si rivela inutile. Tanto più se…

Un ottobre fa

Se potessimo riportare le lancette indietro di un anno, gli eventi ci catapulterebbero in una giornata elettorale con Giorgia Meloni che furente infiamma le folle denunciando inarrestabili ondate migratorie, il ragguardevole costo dei carburanti, le equivoche tendenze sessuali che, ostacolando la famiglia tradizionale, starebbero neutralizzando la maschia robustezza italica. E’ durante un incontro politico che…

Gli scontati

La notizia del mattino, l’annuncio della morte di Tarcisio Burgnich, pilastro della Grande Inter, eroe di Italia-Germania 4 a 3, non poteva essere presagio di buone notizie. Presagio che si è compiuto nel tardo pomeriggio con l’annuncio ufficiale della risoluzione del contratto tra Antonio Conte e la Federazione Calcio Internazionale Milano.

Un progetto naufragato nel pelago di una crisi finanziaria che ha travolto l’intero mondo del calcio, benché nella dimensione parallela descritta dai giornali italiani riguardi solo l’Inter.

Inevitabile come la morte, è nel frattempo iniziata la partita delle colpe. Disciplina tanto diffusa nell’Inter, quasi da passare inosservata.

Pur capendo l’amarezza dei tifosi, che a poche ore dal diciannovesimo scudetto hanno assistito inermi all’allontanamento dell’artefice del trionfo, trovo onestamente incomprensibile il risentimento nei confronti della proprietà. Per almeno due ragioni. Da un lato perché, in un contesto pandemico e di necessaria austerità, l’equilibrio finanziario non è sacrificabile sull’altare della competizione; dall’altro perché se l’Inter è riemersa dalla periferia del calcio, il merito non può che ascriversi alla famiglia Zhang.

E’ Suning che nei cinque anni di gestione, senza trascurare la finale europea dello scorso anno, ha riportato l’Inter ai vertici del campionato italiano, facendola crescere, valorizzando il marchio, aumentando la qualità della rosa con giocatori di livello mondiale. Risultati conseguiti elaborando un piano di crescita concertato con il più autorevole dirigente sportivo italiano, Giuseppe Marotta.

Operazioni non più conciliabili con le immutate ambizioni di chi, astraendosi dalla realtà, nonostante l’azzeramento dei ricavi, pretende investimenti sontuosi e declina il temporaneo ridimensionamento degli stipendi. Una condizione complessa rispetto alla quale impressiona la docenza di chi, incapace di gestire la propria attività, vorrebbe impartire lezioni di economia aziendale a un signore cinese che, partendo da una modesta rivendita di lavatrici, ha costruito un impero nel settore dell’elettronica. Un gruppo accreditato, nonostante l’annunciata apocalisse, dalla più importante società di gestione patrimoniale del mondo per un’ operazione complessiva di 275 milioni.

E’ il paradigma del decaduto giornalismo sportivo italiano, il medesimo secondo il quale l’Inter avrebbe dovuto portare i libri in tribunale a marzo o essere ceduta alla BC Partners; che per un anno ha chiamato maestro un allenatore esordiente, descrivendolo come un avanguardista del calcio moderno; che negli ultimi giorni ha accostato Maurizio Sarri alla Roma, Rino Gattuso alla Lazio, Sergio Conceicao al Napoli, Massimiliano Allegri all’Inter.

Roba da far impallidire Mark Twain, che definì fortemente esagerata la diffusa notizia della sua morte.

Inizia l’era di Simone Inzaghi.



  1. Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?

  2. Ogni volta che mi sento. In colpa per.unz menzogna.

  3. Un partigiano come Presidente, forse il popolo non se l’è meritato…ma nemmeno Toto Cuttugno.

Adesso lo scrivo su Facebook

Se in un tempo remoto, a tutela di un’ingiustizia o di una calunnia, era buona abitudine rivolgersi al maresciallo o al magistrato, da quando il metro digitale si è sostituito al diritto, e alle buone maniere, un pratico metodo si è imposto a usi e consuetudini: “adesso lo scrivo su Facebook”. Una procedura sommaria che…

La sindrome di Calboni

La proposta del Ministro dei Trasporti di sanare piccole irregolarità architettoniche, edilizie e urbanistiche, profila per il Governo Meloni il quindicesimo condono in nove mesi. Fuori da pretestuosi rilievi polemici, che miseramente prosperano nel belpaese sorridente, gli osservatori più critici fanno tuttavia notare che Matteo Salvini, affermando lo stesso principio -il rispetto della legge -…

L’ombra del Totem

La storia narra l’avversato sgombero di Valle della Luna, remoto avamposto della Sardegna settentrionale, e il cruento scontro tra la tribù dei Lunghi Capelli, custode dell’iconico totem, e l’inflessibile esercito della Contea di Santa Teresa, che quella tribù aveva per anni tollerato. *** Contaminata da radicali pregiudizi ideologici, la popolazione locale, strutturandosi in caste, ha…