Un giorno

Un giorno parleremo della fortuna di Giuseppe Conte.

Di quella volta che, imbarazzato, fece la prima comparsa televisiva.
Di quella volta che salì al Quirinale.
Di quella volta che il Presidente della Repubblica gli conferì il mandato di formare il governo.
Di quella volta che condivise la stanza con i governanti del mondo.
Di quella volta che salì al Quirinale a giurare davanti al Presidente della Repubblica.
Di quella volta che si scoperse antieuropeista.
Di quella volta che firmò una manovra contro l’Europa e la Commissione Europea.
Di quella volta che firmò un decreto infame.
Di quella volta che esortò Angela Merkel a non badare al suo Ministro dell’Interno.
Di quella volta che ci fece litigare con la Francia.
Di quella volta che il Ministro dell’Interno gli annunciò la sfiducia dal bar della spiaggia.
Di quella volta che poggiò la mano sulla spalla del Ministro dell’Interno.
Di quella volta che risalì al Quirinale.
Di quella volta che il Presidente della Repubblica gli conferì il mandato di formare un altro governo.
Di quella volta che risalì al Quirinale a giurare davanti al Presidente della Repubblica.
Di quella volta che si scoperse europeista.
Di quella volta che sottoscrisse un’alleanza con Germania e Francia.
Di quella volta che ci fece di litigare con l’Olanda.
Di quella volta che fece prevalere la linea dell’Italia al consiglio europeo.
Di quella volta che si presentò al bar con duecentonove miliardi e disse: «Ragazzi, oggi pago io!»
Di quella volta che ingannò Giuseppe Conte I vestendosi da Giuseppe Conte II.

Un giorno parleremo della fortuna di Giuseppe Conte.

Virtus Bologna

Abbiamo visto cose che l’Emilia Romagna non avrebbe mai potuto immaginare: mamme in tenuta da combattimento al largo dei bastioni di Bibbiano, citofoni suonati nel buio dei quartieri popolari di Bologna, giovani sardine rincorrere un bambino che ritrae le mani e non si riesce a passargli  la palla e fare in modo che questo la raccolga con quelle mani che non sa usare. Abbiamo visto, e sentito, di tutto.

L’Emilia Romagna. La regione del tricolore, dei fratelli Cervi, delle colline, dei tortellini, del prosciutto, di Francesco Guccini, del parmigiano reggiano, del lambrusco, del Grana Padano, degli asili, delle tagliatelle, delle sardine.

Le sardine. Mentre arguti commentatori irridevano la loro superficialità progettuale, hanno ridestato il senso di comunità che la sinistra sembrava aver smarrito,  riportando nelle urne un elettorato morente, riconquistando, piazza dopo piazza,  i luoghi simbolo della propaganda salviniana.

La regione più efficiente d’Italia non si è fatta ingannare. O forse il testa a testa tra i contendenti, come i barbari di Konstantinos Kavafis, era solo una suggestione, la proiezione della fragilità identitaria della sinistra. 

Nel mezzo, una campagna elettorale oscena, spogliata di ogni valore territoriale e morale, evaporata nell’eterna promessa leghista di tornare sul territorio, come a suo tempo fece in sardegna, prima che la regione e i pastori venissero abbandonati alle loro  illusioni .

A Bibbiano  il PD è il primo partito. Come di consueto, sempre di notte, sempre sottovoce.

Tovarishchi!

 

 

 

 

 

 

 

Il citofonista

Nella pagliacciata mediatica di Matteo Salvini, che citofona a casa di un cittadino straniero chiedendogli se spaccia, c’è tutto il degrado della comunicazione politica, del populismo più deteriore, la spiegazione fenomenologica della crescita di Lega e Fratelli D’Italia.

Masnade di esaltati mossi più dalla brama di umiliare l’altro, meglio se straniero, che dal lume dell’ideale. Nulla che non si giustifichi nel becerume e nelle pulsioni gonadiche del sovranismo nostrano. Un episodio nel quale, tra silenzi e sghignazzi, pesa la responsabilità della stampa, spettatrice acritica di un reato che autorevoli quotidiani hanno derubricato a mera provocazione.

Articolo 660 codice penale: chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a cinquecentosedici euro.

Uno spettacolo indegno allestito senza che nessuno eccepisse a Matteo Salvini la dubbia moralità delle sue frequentazioni, del suo partito, dei suoi amministratori, essendo segretario – per non variare il tema – di un consigliere fermato con tre chili di cocaina a bordo. Nessuno che eccepisse l’offesa recata allo stato di diritto da chi grottescamente si sostituiva alla magistratura e alla polizia.

Ma ancor più demoralizza il plauso di chi blandisce la gravità di un’azione palesemente sbagliata, come se il problema dello spaccio fosse risolvibile suonando un citofono o cercando il presunto spacciatore sotto casa. Presunzione che evoca la delazione nei regimi totalitari o barbare pratiche medievali, quando le sommarie accuse di eresia venivano carbonizzate nel rogo.

Uno spettacolo indegno, messo in edificante rilievo da Sinisa Mihajlovic, che ricordiamo per l’apprezzamento di Ratko Mladic e Željko Ražnatović, sui quali pende una condanna per genocidio.

Siamo accanto alla frutta.

Di mercoledì/15: Sparlammo di Bibbiano

[una rubrica poco utile]

senzanome

Sparlammo di Bibbiano

Un altro business, orribile, sui minori. Una galleria di atrocità assolute che grida vendetta a Reggio Emilia e per cui oggi – oltre a una ventina di indagati – è stato arrestato anche il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti.
[Movimento Cinquestelle]

Non so se avete sentito su Rai Tre il solito giornalista di sinistra: voleva far credere che l’ex sindaco di Bibbiano – del PD – non c’entrasse più nulla e che l’inchiesta si fosse rivelata infondata, quando invece risulta indagato.
[Lucia Borgonzoni]Sono un uomo e sono un papà. È inconcepibile che non si parli dell’agghiacciante vicenda di Bibbiano. Penso a mia figlia e alla possibilità che mi venga sottratta senza reali motivazioni solo per abuso di potere e interesse economico. Intere famiglie distrutte. Serve giustizia!
[Nek]

 

Bonaccini del PD fugge dai genitori, noi non taceremo mai! Il 23 gennaio sarà in piazza a Bibbiano, in mezzo alle mamme e ai papà di Bibbiano perché con i bimbi non si gioca, con i fratellini e le sorelline non si scherza per far quattrini.
[Matteo Salvini]


14 gennaio: La Cassazione motiva l’annullamento delle misure cautelari contro il sindaco di
Bibbiano, rilevando l’inesistenza di concreti comportamenti.

L’indignazione morale è la strategia adatta per rivestire di dignità un imbecille.
[Marshall  McLuhan]

Dieci agosto

Libero adattamento al più nobile 10 agosto del poeta Giovanni Pascoli, nel cui cognome gli improvvisati governanti potranno cogliere un valido suggerimento professionale.


♠♠♠

Signor Conte, io lo so ha il cuore infranto
delle cinque più una stella non brilla
dal treno cadde, si ruppe l’impianto
che dal cavo falciato scintilla.

Ritornava un ministro in costume:
l’offesero: il suo nome è Salvini:
vomitava dalla bocca il pattume:
la cena de’ suoi grillini.

Ora è là, in consolle, che tende
il bicchiere a quel cielo lontano;
Mattarella è nell’ombra, che attende,
una chiamata del Vaticano.

Anche Di Maio tornava un po’ brillo:
l’offesero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi di Grillo:
a cui portava due picche in dono.

Ora là, nella casa romita
lo aspetta, lo aspetta il divano:
è immobile che ammira le dita
in silenzio gli parte la mano.

E tu, Sergio, dall’alto degli anni
ammiri infinito dal Quirinale,
contese ferali per uno scranno
nell’ opaco attimo elettorale.

 

 

® Immagine di copertina tratta dal profilo Spinoza colors

La leggenda del leghista sul goceano

Salutato da una folla festante, ancor prima che dalle colonne de La Padania,  il neoeletto sindaco di Illorai, protagonista di una campagna elettorale improntata al confronto e al reciproco rispetto con se stesso, in quanto unico candidato, si appresta a inaugurare l’annunciata rivoluzione amministrativa.

Il primo cittadino, per niente imbarazzato dal primo vessillo leghista piantato in un comune sardo, impresa della quale gli storici e i cantori  celebreranno la grandezza e la lungimiranza, ha consolidato la linea della fermezza e dei respingimenti, arginando i flussi migratori provenienti dalla confinante Bolotana.  Impermeabile all’appello dei palestrati naufraghi bolotanesi,  da quattordici giorni in balia del mare a bordo della Ichnusa Watch, ha negato l’approdo all’ONG battente bandiera Dinamo Sassari, che aveva indicato in Illorai un porto sicuro. 

Prima che la questione si imponesse alle cronache regionali, gli effetti della delibera Cau erano stati anticipati con il discusso provvedimento di espulsione di rom  e nordafricani da tempo imperversanti nell’amena comunità del goceano, terrorizzata da frequenti violenze su donne, bambini e, nel caso più riprovevole, dal gesto di un migrante sorpreso nell’atto sodomizzare il tubo di scarico della Fiat Panda del parroco, documentata nel materiale fotografico divulgato nel profilo istituzionale della Guardia Zoofila.

Al grido di Prima gli Illoraesi, Tittino Cau, insistendo sulla necessità di dare impulso al paese, la cui popolazione negli ultimi dieci anni anni ha subito un’emorragia di oltre il 15%, pari a 49 milioni di abitanti, annuncia un nuovo corso amministrativo. Da questa necessità l’idea della candidatura di Illorai ai giochi olimpici 2026,  nata scherzosamente al tavolo del Bar Da Gavino durante i colloqui con i membri CIO, in visita nel centro del Goceano.

Un programma ambizioso e innovativo che garantirà la rinascita del comune. Diverse le soluzioni allo studio del primo cittadino: dall’abolizione delle accise sull’Ichnusa non filtrata alla Fat Tax, tesa a ridurre la consumazione di carni suine e dei livelli di colesterolo; dal rilancio della piantumazione del muschio alla creazione di una moneta sovrana mediante lo strumento parallelo dei minibottidi, emessi dalla Banca Centrale di Bottida, dalla quale prendono il nome.

IIlorai, di tutto di più.

 

 

 

L’ebanista

Consumata l’ultima frittura al mercato di San Benedetto, culla del neo sardismo polenta e misultin, la regione sardegna, rinnovata nei seggi e nell’armadio, si appresta a battezzare la nuova legislatura.

Respingendo le truppe dell’audace Zedda, cammellato alfiere della Cagliari centripeta e prevaricatrice, del sud contrapposto al nord, dove rigogliose si stratificano le  piante della famiglia bryophyta, il popolo sovrano ha scelto Christian Solinas, scandinavo di Capoterra, della cui campagna elettorale si ricorderanno più i silenzi che i proclami.

Con il ministro dell’interno stabilmente in sardegna, con una protesta dei pastori tutta da monetizzare, con una regione che rammentando gli antichi motti rivendica il suo  nord, il battagliero  Zedda, pur non sfigurando, nulla ha potuto contro l’invasione dei lumbard; troppo forte l’ascendente salviniano in questa fase storica, troppo forte la sua macchina propagandistica, debilitata più dalla scaltrezza di impavidi undicenni smartphonizzati che dalle proposte del partito democratico, il cui primato si spiega più nella fisica quantistica che nella scienza politica.

Per quanto gli antireflusso prescritti dai sostenitori della lista vincente ancora si perpetuino nei commenti, l’elezione sarda non ha  tuttavia riservato sorprese. Nonostante  i deragliamenti degli exit-poll – che continuano a godere di ottima salute giornalistica –  suscitavano interesse non tanto i risultati, banalmenti fedeli al principio (o disturbo) bipolare, quanto le proporzioni del voto e la  distribuzione  territoriale.

All’ombra della torre, nel paese di Magnon, ha animato il dibattito l’elezione del consigliere Dario Giagoni, che irradiato di misticismo salviniano – e mai desinenza fu più felice – ha conquistato il seggio superando l’oltraggio e l’imbarazzo di intercettazioni  comunque rivelatrici di un sostrato di arrivismo e di livore.

E adesso? Ferme tutte le perplessità e i rancori di una campagna elettorale tutto sommato sterile, e con buona pace di chi confondendo il dissenso con il fatto personale ha rincorso l’offesa, trovo masochistico non cogliere la grande opportunità che l’elezione rappresenti per il nostro paese. Al netto della debolezza intellettuale e politica dell’eletto, che avrà modo di migliorarsi nella sede istituzionale, il beneficio, fosse anche per l’interlocuzione privilegiata, è innegabile.

Questo non significa che il potere d’influenza che Dario Giagoni potrà esercitare dai banchi della regione sarà garanzia di prosperità per il paese, i risultati li vedremo poi. Dico solo che, considerando che la lega doveva nominare un rappresentante in gallura, pur con immutate distanze ideologiche e culturali, perché mai a Dario Giagoni avremmo dovuto preferire – sempre in quota leghista – il pescatore di Trinità D’Agultu suggerito dall’ultimo fenomeno del webbe?

Molto dipenderà dall’indirizzo politico e dall’indipendenza della giunta nascente, che  potrebbe precocemente annaspare  nel mantra del Prima i sardi,  che pochi giorni prima erano abruzzesi e domani saranno lucani, con lo squallido abbandono dei temi cavalcati nella settimana del voto. Ne sia sintomo il registro con il quale  autorevoli rappresentanti della Lega, poche ore prime prodighi di francescana indulgenza,  hanno apostrofato gli atti vandalici dei pastori, benché le violenze fossero già in atto durante la campagna elettorale.

E’ allora che la brama di sposare la causa lucana derubricherà la complessità sarda, come in quel brillante dialogo monicelliano in cui il Marchese del Grillo, debitore per una prestazione d’opera,  licenziando l’ebanista Aronne Piperno dice:

«Bella a boiserie, bello l’armadio, belle ‘e cassapanche… bello, bello, bello tutto… bravo… grazie, adesso te ne poi pure anna’».

 

 

 

 

 

 

 


 

Battisti a Oristano

La storia inedita di Cesare Battisti, il criminale che dopo trentasette anni di latitanza vede schiudersi le porte del carcere di Oristano.

Il criminale, ma anche l’uomo, con le sue debolezze sentimentali, le sue colpe e l’incubo di una moglie incazzata nera.




Ariseu seu arribbau

A ga’ maba de Casteddu
Unu pagu amminchionau
Braba longa e pitticcheddu.

Certu tempu ‘nde passau
De chi fia bandulleri
Poi  fuiu in logu mau
E m’inventai romanzieri.

De mengiau chizi in pèi
Xidau de sa polizia
Non ci ollia mancu crèi
E m’ha basau sa pippia.

In Bolivia passillendi
M’ha filmau unu in prazza
Imbriaghu e frastimendi
pudescendi de crannazza.

Sa notizia de s’ arréstu
M’è arribbada in s’origa
E trasportau prus’a prestu
Accanta a un campu ‘e crocoriga.

Ma ‘tta cazzu ha combinau!
– Ha gridau sa popidda –
Chistionasta de sparau
ma penzà po fai  s’anguidda!

Fu sparau  de arma ‘e fogu
Miga cussu ‘e su mercau
Chi t’afferru ti ògu un ogu
Maradittu disgraziau!

Callincunu adi scoviau
Ma sa cruppa è prusu mia
Ca mi via giai stancau
Appostau a tipu strìa.

Mi seu scetti collegau
Po augurai s’annu nou
A un parenti de connau
E sa pudda ha fattu s’ou.

Cabendi de su blindau
M’è beniu su cuntori
M’anti sezziu e scruzzau
Parrìa Santu Srabadori.

Su ministru è arribbau
Propriu a ora de pappai
A bistimmenta de sordau
Po si fai fotografai.

Ma poitta Cristu Santu
Scetti a nosu custa genti
Chi arribbada cun spantu
E ‘ndi essi cun sa brenti.

A Oristanis poinsi scraxiu
Ha confessau un carcerau:
Pezza, pisci e civraxiu
Bellu puru su pa(n)i tostau.

Ma miga è innoi  po’ pappai
– Arragodada s’abogau –
Cicchei de s’assantai
E’ un terrorista condannau.

In sa bidda ‘e sa Sartiglia
Non c’è tempu po gherrai
Tocca! Aberri sa buttiglia
E tui Salvini: baccagai!

Chi mi castiu torra a paba
E’ troppu mannu su dabori
Abettendi s’ora maba
M’anta a fai componidori.

I bianchi di scuola

Giovedì 8 novembre 2018
Un incontro ributtante

Un giorno ho incontrato la persona che non avrei mai voluto incontrare. Il mio incubo. Davanti a me c’era Salvini. Era un uomo furbo, squallido e opportunista: il peggiore. Se il popolo diceva che i negri facevano schifo, Salvini chiudeva i porti e li abbandonava in mare; se il popolo diceva che i politici erano tutti ladri, Salvini diceva che i politici che rubavano più di 49 milioni erano tutti ladri; se il popolo diceva che sardi, napoletani e calabresi puzzavano, anche lui diceva che sardi, napoletani e calabresi puzzavano; ma se per vincere le elezioni servivano anche i voti dei meridionali, Salvini andava a casa loro, stampava i suoi manifesti, scriveva prima i sardi in sardegna, prima i napoletani a Napoli, prima i calabresi in Calabria, si scattava una foto con loro, due battute, un bacione e tornavano a casa felice.

Salvini è così. Allora mi sono messo in fila ad aspettare di fare la foto. Il mio cuore si è riempito di gioia quando Salvini ha fatto passare prima i bambini. I bambini italiani. Bianchi. Quando toccava a me ho preso il telefono di mia mamma, che lo aveva dimenticato sul letto, e insieme ai miei fratelli, sono andato a fare la foto. La prova della foto. Non ci potevo credere.

Mia mamma si chiama Elisa.

Ho ricevuto questo tema di un bimbo di 9 anni di Padova: “Un giorno ho incontrato la persona che ho sempre voluto incontrare. Il mio idolo”. Che cosa può darmi più forza ed energia di questo?
[Matteo Salvini]

Matte’, ‘sto cazzo!

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Di mercoledì/10: Ottant’anni di solitudine

[una rubrica poco utile]

senzanome

Ottant’anni di solitudine

Ottanta comode rate, un piano di pagamenti da 600mila euro l’anno, senza interessi, in nome del popolo italiano.

Ottant’anni nel corso dei quali potrà accadere di tutto. Una cosa di sicuro. La lega non esisterà più, le sette generazioni della famiglia leghista saranno travolte da un vento redentore, del patriarca resteranno i brandelli di una canottiera, il capitano sarà un ultracentenario divorato dalle formiche.