L’istantanea della pandemia a Santa Teresa è una giornata di marzo. La vita filtra oziosa dalle persiane di un paese che quello stato di morte apparente lo conosce ogni inverno, appena interrotto dal sibilo del vento e dal rumore delle poche auto ancora in circolazione.
Dall’altoparlante i vigili invitano la popolazione a non uscire di casa, se non per stretta necessità. Giuseppe Conte, in diretta nazionale, annuncia nuove misure, nuove restrizioni. Gli spostamenti sono ammessi solo per comprovate necessità. E’ disposta la chiusura di bar e ristoranti.
Ehi, tu! Dove cazzo vai? Torna a casa!
E’ uno di quei giorni in cui la popolazione si sarebbe riversata al mare con un carico di griglie, pancetta e fiaschi di vino. Invece deve rimanere a casa. Sembra un film. Anche Giulio che grida la sua solitudine in una piazza spettrale sembra il protagonista di un film. Le scene scorrono lente, disturbate dalle oscillazioni della macchina da presa e dal rumore di un vecchio proiettore amatoriale.
La piattezza dei giorni ci fa riscoprire l’essenza della libertà, ce la farà apprezzare, dicono, ricordandoci quelle volte in cui abbiamo paventato insorgenti derive autoritarie. Il genitore, il preside, il governante. Ma che cazzo ne sappiamo noi della libertà? A noi che la libertà ce l’hanno apparecchiata. Ad alcuni con le corone sull’argenteria, ad altri con le posate di plastica, ma comunque apparecchiata.
Sei un coglione! Torna a casa!
Che gran paese, l’Italia! Ruggente di patriottico ardore, minacciata dall’immondo tedoforo che reca l’unzione, la peste. Con severa autorità la sentinella tende l’indice accusatore all’infame, cavalcando l’ira popolare, auspicando una sua caduta e un educativo ricovero ospedaliero, che gli infonda nell’animo contrizione e vergogna. Nel contempo, il poco indulgente accusatore, continuerà a recarsi al supermercato, in fabbrica, utilizzerà i mezzi pubblici, porterà a spasso l’animale domestico.
Sei un irresponsabile!
E’ facile indignarsi per chi criminalizza un’attività che non gli riguarda. Persone che evitano le scale perché hanno l’ascensore; che percorrono più distanze per raggiungere la macchina che per la destinazione pianificata; che pur di non camminare rinunciano alle necessità, impegnate come sono a modellare il divano con la gravità del loro culo.
Mi ricordano una canzone degli Amour Fou, peccatori in blue Jeans, nel passaggio: «Cosa volete che ce ne freghi se chiudono le fabbriche delle cose che non sogneremo mai». Tanto a loro cosa cambia: a correre non ci sarebbero andati comunque. Anch’io potrei suggerire per l’intera quarantena il divieto di portare a spasso gli animali domestici. Facciano i loro bisogni a casa! Caghino in salotto! Tanto il cane non ce l’ho, cazzo me ne frega! O le sigarette. Chiudiamo i tabacchini! Tanto non fumo!
E’ allora che, ponendo la questione con brutalità, toccando i nervi scoperti, i redentori allentano la presa. Fanno delle graduali concessioni. Non ti danno ragione, sia chiaro. Quello mai! Rimani comunque uno stronzo, però riconoscono che da un certo punto di vista potresti anche aver ragione. Ma a questo punto ne faccio una questione di orgoglio. Come diceva Funari: «Se a ‘ncojone je dici ch’è stupido, quello se sottovaluta!» E allora, stronzo sono e stronzo rimango. Rinuncio alla corsa, però il cane deve cagare a casa. Con una storia su Instagram.
Quando la paura reciproca entra in circolo, la prima vittima è la lucidità, la psiche degenera, saltano i paradigmi. Gli interlocutori diventano più o meno intelligenti nella misura in cui condividono la nostra opinione. Ma è anche un momento di liberazione, in cui le persone, le categorie, rivelano al mondo quanto mal si sopportano.
La persecuzione nei confronti dei corridori è tale che ai tempi della campagna di prevenzione contro l’HIV, quando si sconsigliavano i rapporti sessuali occasionali, questi, avrebbero proibito anche le seghe. E a quelle dev’essersi ispirato Giuseppe Conte introducendo le ulteriori misure di contenimento al contagio, statuendo che resta consentito svolgere individualmente attività motoria in prossimità della propria abitazione.
Torna a casa, imbecille! Ci ucciderai tutti!
Prepariamoci allora a queste nuove restrizioni, alla decrescita felice dell’economia e del corpo, arando il terreno dell’Italia che verrà e degli italiani che saremo. Respingete gli untori, chi vi ha illusi che il vostro parere valesse quanto quello di un medico; chi vi ha taciuto che l’università della vita altro non era che la cantina nella quale vi siete ubriacati dopo una delusione d’amore; che le vostre competenze scientifiche non si spingeranno mai oltre la combinazione di carta, forbice e colla vinilica.
Quando questo delirio si placherà, tutto si normalizzerà, mi auguro, compresa la decenza degli amministratori che hanno trasformato il loro esercizio in un grande varietà, scacciando le persone dai parchi, trasmettendo dirette Facebook in versione cinegiornale, con la patinata narrazione delle loro faccende domestiche, gli aforismi, le faccine con la lacrimuccia, le faccine col sorriso, le faccine in preghiera, i vessilli, i fusilli.
Basta!
Avevo solo voglia di correre.
41.238987
9.188079
Mia nonna diceva: perché bisticciare per un pallone, non possono dargliene uno a ciuscuno?